La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Il mistero che celebriamo in questa domenica, l'Ascensione del Signore Gesù al cielo, esprime in pienezza che cosa è accaduto nella Pasqua: Cristo risorgendo dai morti è entrato nella gloria del Padre, si è posto nel cuore stesso della realtà, in quella eterna profondità dell'Essere da cui tutto proviene. Ora è proprio Luca, nel suo vangelo e all'inizio degli Atti degli Apostoli, che racconta l'ultima apparizione del Risorto ai suoi, come segno visibile di questo mistero di gloria: 'Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo'.

Anche in questa sesta domenica del tempo pasquale, ascoltiamo un passaggio del grande discorso d'addio, che Gesù rivolge ai suoi discepoli, nell'ultima cena, e che ora è consegnato a noi, attraverso la parola dell'evangelista teologo. Un tema essenziale, che ritorna più volte in questi capitoli del quarto vangelo, è l'amore, come sintesi della nuova esistenza del discepolo: l'amore per Gesù, il Figlio che ama i suoi sino alla fine, l'amore del Padre per il Figlio e per i suoi amici.

Dopo l'uscita di Giuda dal cenacolo, nella notte del tradimento, l'evangelista Giovanni raccoglie il lungo discorso d'addio di Gesù, nel quale si aprono di fronte ai discepoli le profondità ultime del mistero di Dio, rivelato in Cristo; nel breve passaggio iniziale, proposto nella liturgia di questa domenica, è annunciato l'evento ormai prossimo della Pasqua, come duplice glorificazione.

La quarta domenica del tempo pasquale è segnata dalla figura di Gesù, presentato nel capitolo 10 del vangelo di Giovanni, come il buon pastore: il passo proposto alla nostra riflessione è, in realtà, un passaggio successivo alla proclamazione dell'allegoria del pastore (10,1-19); il contesto immediato è polemico, le parole di Gesù hanno suscitato opposte valutazioni tra i Giudei (10,19-21), i quali si rivolgono nuovamente a lui, provocando una risposta chiara: 'Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente' (10,24).

Il capitolo 21 del quarto vangelo è un'appendice, probabilmente aggiunta in un secondo tempo, ma sempre espressione autorevole della testimonianza del discepolo prediletto, e nella cornice dell'incontro del Risorto con un gruppo di discepoli, sul mare di Tiberiade, racchiude una grande catechesi sulla Chiesa, sulla comunità generata dall'evento pasquale.

La liturgia pasquale offre al nostro ascolto due brani paralleli, nella notte della grande veglia Luca 24,1-12 e nel mattino di Pasqua Giovanni 20,1-10. Nella testimonianza degli evangelisti c'è il riflesso fedele dell'esperienza inattesa e sconvolgente della scoperta del sepolcro vuoto: come noto, nessuno dei Vangeli canonici, a differenza degli apocrifi, racconta e descrive il fatto della risurrezione in sé, perché siamo di fronte ad un avvenimento nuovo, che trapassa i limiti della storia e del tempo.

In ogni vangelo, il racconto della passione e della morte di Gesù si distende con ampiezza e svolge una funzione essenziale: nella rievocazione delle ultime ore della vita terrena del Signore, gli evangelisti mostrano il senso profondo della croce. Luca, nelle scelte che caratterizzano la sua narrazione, da' rilievo a molteplici aspetti che possiamo, solo in parte, richiamare, nello spazio del nostro commento.

Il passo evangelico proposto alla nostra meditazione è tratto, in questa domenica, dal vangelo di Giovanni: in realtà, è un racconto che è stato inserito nel testo del quarto vangelo, ma come stile, come genere e come linguaggio appartiene alla tradizione dei sinottici, alcuni studiosi lo attribuiscono proprio a Luca, l'evangelista della misericordia. Al centro della narrazione, sembra esserci questa donna, colta in adulterio, condotta davanti a Gesù, da un gruppo di scribi e farisei, pronti ad eseguire la condanna della lapidazione, prevista dalla legge mosaica.

Nel capitolo 15 del suo vangelo, Luca raccoglie tre parabole, in una cornice particolare: mentre si fanno vicini a Gesù i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo, i farisei e gli scribi mormorano, scandalizzati; proprio contro questo scandalo miope, Gesù delinea l'agire stesso di Dio, nelle tre parabole, quasi a dire: 'Io agisco così, travolgendo ogni misura, perché così agisce il Padre, così si fa visibile il Padre nella sua sorprendente misericordia'.

Il passo evangelico di Luca, proposto in questa terza domenica del tempo forte della Quaresima, è chiaramente costituito da due parti, che l'evangelista ha unito, per comunicare un messaggio incisivo ed essenziale: un breve dialogo tra Gesù e alcuni Giudei, e una parabola che va letta in continuità con le espressioni precedenti.