La parola

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Il commento alla seconda lettura della Liturgia della Parola

Dopo l'ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto dalle folle festanti che lo acclamano come il figlio di Davide, il Messia d'Israele (cfr. Mt 21,1-11), cresce l'ostilità dei capi religiosi, sommi sacerdoti e anziani del popolo, di fronte a questo strano maestro, che supera ogni schema e ogni immagine.

Nella parabola proposta alla nostra riflessione, appare con chiarezza uno scarto, un'eccedenza dei pensieri e delle vie di Dio, rispetto alle nostre vie e ai nostri pensieri (cfr. Is 55,9): come spesso accade, il punto di partenza del racconto è una scena familiare per i contemporanei di Gesù, una piazza dove si raccolgono gruppi di uomini che attendono di essere presi a giornata per qualche lavoro. In questo caso un padrone di casa esce a più riprese, in diverse ore del giorno, dall'alba fino al pomeriggio inoltrato, e offre un lavoro nella sua vigna.

In questa domenica, ricorre la festa dell'Esaltazione della Santa Croce: l'origine di una tale solennità ci riporta alla chiesa madre di Gerusalemme, dove, secondo la tradizione, venne ritrovata parte della croce di Cristo, nel IV secolo, e successivamente nel 628 la preziosa reliquia, trafugata dai Persiani, fu ricondotta a Gerusalemme dall'imperatore bizantino Eraclio. Al di là dell'origine storica di questa commemorazione, la festa attuale ha un profondo significato, e celebra il paradosso di uno strumento di morte, divenuto strumento di vita e di risurrezione.

Il breve passo di Matteo, proposto alla nostra attenzione, è tratto dal quarto grande discorso di questo vangelo, il discorso ecclesiastico o comunitario, nel quale l'evangelista ha raccolto diverse parole del Signore, incentrate sulla vita e sulle relazioni tra i membri della nuova comunità, che nasce intorno a Gesù. In particolare, il tratto scelto per l'ascolto domenicale mette a tema un aspetto non facile e spesso disatteso nella vita della Chiesa, cioè la correzione fraterna.

Proseguendo l'ascolto di Matteo, in questa domenica entriamo in una sezione del suo vangelo (capp. 14-17), nella quale emerge, in più punti, un particolare interesse per la realtà della Chiesa, come comunità raccolta intorno a Gesù, coinvolta in un cammino di fede e di sequela del suo Signore: non a caso, dopo questa sezione più narrativa, l'evangelista colloca il discorso ecclesiale, raccolto nel capitolo 18.

Con questa domenica si conclude la lettura del capitolo 13° del vangelo di Matteo, con le ultime tre parabole del Regno, che appaiono nettamente distinte: le prime due, quella del tesoro e della perla preziosa, mettono in luce la gratuità, la sorpresa e la gioia, che segnano la vita dell'uomo, divenuto discepolo del Vangelo, mentre l'ultima parabola ha a tema il giudizio finale, e la compresenza di bene e di male, che accompagna il tempo presente.

Le parabole del Regno, che Matteo raccoglie in unico discorso e che stiamo ascoltando in queste domeniche, sono rivelazione del volto vero e originale di Dio, quel Dio che si fa visibile proprio nella persona e nella vita di Gesù: non si tratta di bei racconti edificanti e moraleggianti, ma di parole che dischiudono a noi l'agire paradossale di Dio e vogliono provocare una nostra decisione di fede.

Con questa domenica iniziamo a percorrere il capitolo 13° del vangelo di Matteo, che raccoglie in unico discorso sette parabole del Regno: il lungo passo iniziale propone a noi la parabola del seminatore, con una successiva catechesi di Gesù sul senso delle parabole e la spiegazione ai discepoli della prima di esse, incentrata sulla semina della parola.

Il breve passo di Matteo, proposto alla nostra attenzione, racchiude una preghiera di lode e di giubilo del Signore, e un invito rivolto agli uomini 'stanchi e oppressi', perché possano trovare in lui riposo.