La parola
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IV Domenica del Tempo Ordinario, Luca 10, 1-12

Ci sarà gioia in cielo per un peccatore convertito

Nel vangelo di questa domenica, è proposto alla nostra meditazione il discorso della missione, che in Luca, a differenza di Matteo e Luca, è rivolto non ai Dodici, ma al gruppo di settantadue discepoli, inviati quasi a preparare l'arrivo di Gesù in città e villaggi.

Ci sarà gioia in cielo per un peccatore convertito

Nel vangelo di questa domenica, è proposto alla nostra meditazione il discorso della missione, che in Luca, a differenza di Matteo e Luca, è rivolto non ai Dodici, ma al gruppo di settantadue discepoli, inviati quasi a preparare l'arrivo di Gesù in città e villaggi. Il numero settantadue non è casuale, è infatti il numero tradizionale delle nazioni pagane (70 o 72) e allude all'orizzonte universale della missione: anche se quest'apertura al di là del popolo giudaico si realizzerà dopo la Pasqua del Signore, per Luca già nell'annuncio del regno in terra d'Israele, è presente quest'orizzonte senza confini; raccogliamo dalle parole di Gesù le indicazioni essenziali per la missione, che prosegue ora nella vita dei suoi discepoli di ogni tempo. Innanzitutto, nell'immagine della messe abbondante, che attende numerosi operai, si profila che c'è un'azione di Dio che precede l'opera degli annunciatori, c'è una maturazione che prepara già le spighe, pronte per essere raccolte: l'immagine della messe, anche se nella Scrittura può essere interpretata con riferimento al giudizio finale nel giorno del Signore, nel contesto indica piuttosto i campi della missione, e ci ricorda che è Dio stesso, 'il padrone della messe' a disporre i cuori alla novità del regno, all'annuncio di Cristo e del suo vangelo. Una seconda nota che appare evidente è l'essenzialità richiesta ai discepoli, perché possa trasparire la vera ricchezza che portano: inermi e deboli, come 'agnelli in mezzo a lupi', non devono essere appesantiti da nulla, e l'urgenza che li muove deve essere tale, da non salutare nessuno lungo la strada; ovviamente, queste parole che configurano una missione itinerante, in condizioni determinate, chiedono di essere realizzate anche in situazioni nuove, in ambienti e in tempi profondamente differenti: ciò che non deve venire meno, è la passione perché la testimonianza del vangelo raggiunga gli uomini e possa splendere, in tutta la sua bellezza e in tutta la sua forza. Infine, colpisce che i settantadue, nel ripetere i gesti e le parole di Gesù, 'curate i malati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato il regno di Dio', siano chiamati ad una posizione netta: laddove incontrano rifiuto, devono perfino scuotere la polvere attaccata ai loro piedi, per esprimere la presa di distanza e un ultimo appello alla conversione. Le espressioni evangeliche appaiono quasi dure, evocando addirittura la sorte terribile della biblica città di Sòdoma, e contrastano un certo irenismo a buon mercato, che talvolta si ritrova nei nostri tempi e nella nostra cristianità; ma tutto ciò è per indicare la grande occasione, offerta agli uomini, nel momento in cui ricevono la grazia di una testimonianza limpida del vangelo, e la serietà della loro decisione di fronte a Gesù Cristo. Un'ultima nota, di particolare rilievo appare nei versetti finali: davanti alla gioia dei discepoli, che ritornano stupiti che a loro accade di compiere le stesse opere di liberazione e di esorcismo, viste in Gesù, il Signore, senza negare questa potenza a loro comunicata, che li mette al sicuro dalle insidie del Nemico, senza negare questa misteriosa vittoria su Satana, li invita ad attingere il motivo più profondo della gioia: 'Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli'. La radice della letizia e della sicurezza, che possono accompagnare gli amici di Cristo in ogni tempo, è che i loro nomi sono scritti nel cielo, cioè, che sono custoditi nel cuore stesso del Padre, che la loro vita è preziosa, è parte di un disegno di salvezza, è termine e oggetto di un'inesauribile predilezione da parte di Dio. Luca, in questo modo, mentre prospetta alla comunità dei credenti l'orizzonte ampio della missione, anche in situazione di contrasto e d'incomprensione, mentre invita a riconoscere le opere di Cristo, ora in atto, attraverso i gesti e le parole dei discepoli, invita a non porre la fiducia in questi segni, che pure non mancano nel cammino della Chiesa, ma a ritrovare la sorgente della gioia nella certezza di una grazia, che precede ogni impegno apostolico ed ogni efficacia nell'annuncio: 'i vostri nomi sono scritti nel cielo'.

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