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Segnali di ripartenza anche per lo sport ligure

A giugno il bando regionale per i kit di sanificazione delle strutture

Dopo il report sui collaboratori sportivi, la società Sport e Salute (ex CONI Servizi) fa una radiografia del mondo delle ASD ed SSD, con le enormi difficoltà economiche che hanno dovuto affrontare nell’ultimo anno a causa della pandemia e con i tanti dubbi sulle prospettive future.
Il focus è stato realizzato analizzando circa 35.000 associazioni diffuse capillarmente sul territorio che rappresentano davvero lo sport di base.
E’ di circa 2 miliardi di euro la perdita per un settore che rappresenta un comparto di fondamentale importanza per la vita, non solo economica, del nostro Paese.
Sono più o meno 200.e persone fra tecnici, allenatori, istruttori, personale amministrativo, che hanno perso completamente una fonte di reddito o lo hanno vista fortemente ridotta.
Ben il 42% delle società teme di dover interrompere l’attività entro il 2021, un quarto di dover mandare via il 50% dei collaboratori.
Sono rimaste senza fondi, con ristori poco più che simbolici, con pochi iscritti perché tante persone, non avendo date certe sulla ripresa, hanno disdetto.
Nel “decreto Sostegni” del 19 marzo non sono previsti contributi a fondo perduto per le ASD prive di partita IVA.
E’ una penalizzazione eccessiva ed un disconoscimento del servizio sociale svolto dalle associazioni sportive. Si premiano, nella sostanza, solo quelle che esercitano anche attività commerciali quali sponsorizzazioni, gestione di bar e punti di ristoro, affitto campi a soggetti diversi da associati/tesserati.
Sembra una contraddizione della logica stessa di sostegno.
Per le società sportive le spese, contratti di locazione ed utenze sono rimaste più o meno le stesse, pur con qualche possibile piccola dilazione dei termini di pagamento.
Una piscina chiusa costa mediamente dai 10 ai 20.000 euro al mese.
Gli investimenti molto onerosi, dai 20 ai 40.000 euro, fatti nei mesi scorsi per adeguare le strutture sportive ai protocolli covid sono risultati inutili, se non addirittura beffardi.
Le norme cambiavano e “l’asticella della sicurezza” veniva posta sempre più in alto.
Le società quindi sono rimaste letteralmente senza l’ossigeno per respirare.
A febbraio, secondo il report di Sport e Salute, il 56% delle strutture erano chiuse e l’8 % di queste hanno tirato giù definitivamente le saracinesche.
Solo il 2 % aveva ripreso la propria attività grazie, all’83%, alla presenza di atleti di interesse nazionale, un settore di nicchia.
Tutti attendevano una svolta, novità importanti, anche alla luce di chiare evidenze scientifiche.
E’ ormai accertato infatti che all’aperto si registra un contagio di covid su mille.
La svolta è arrivata dopo l’ultima conferenza stampa del presidente del consiglio Mario Draghi che ha anticipato le linee guida del prossimo decreto anche nella parte riguardante lo sport.
Molte attività outdoor come il calcio, se saranno garantiti tutti i protocolli di sicurezza, potrebbero riprendere fin dal prossimo 26 aprile.
Per piscine e palestre si dovrà attendere rispettivamente il 15 maggio ed il 1 giugno.
Dal punto di vista dell’opportunità politica non sarebbe stato semplice consentire, ad esempio, che 18.000 spettatori possano assistere ad una partita dei campionati europei di calcio a Roma e “tenere ancora chiuso” lo sport di base.
Intanto ci sono anche interessanti novità a livello ligure per sostenere le società sportive.
Sarà ripubblicato entro giugno il bando regionale per i kit di sanificazione delle strutture e per fornire i presidi necessari per garantire le norme di sicurezza.
Fra le altre iniziative, pensate più per gli utenti, ci sarà la possibilità, per chi conferisce la plastica nei 13 raccoglitori presenti a Genova, di poter utilizzare bonus e sconti per l’accesso agli impianti sportivi
Milioni di persone, compresi bambini e ragazzi, da più di un anno sono rimasti senza la possibilità di fare sport con le prevedibili conseguenze negative per la loro salute psico-fisica.
Il timore è che ci si abitui addirittura a “non muoversi più”: dopo il primo lockdown, il 58% degli italiani si era mantenuto in attività, ora sembra prevalere lo scoramento e la pigrizia.

Fonte: Il Cittadino
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