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Elezioni in Liguria, l'importante è andare a votare!

Votare per senso di responsabilità e per rafforzare la rappresentanza democratica

Elezioni in Liguria, l'importante è andare a votare!

Lunedì 14 ottobre alla Sala Quadrivium 8 dei 9 candidati alla Presidenza della Regione Liguria hanno accolto l’invito della Diocesi di Genova al confronto pubblico in vista delle prossime elezioni regionali, domenica 27 e lunedì 28 ottobre.

Qualcuno potrebbe chiedersi come mai la Chiesa genovese organizzi eventi come questo: il motivo principale è che la Chiesa vuole favorire l'ascolto attento e rispettoso di tutte le posizioni, riconoscendo che ogni candidato, al di là e prima ancora delle proprie idee politiche, è una persona che sta cercando di mettersi al servizio del bene comune esponendosi personalmente al giudizio di tutti i cittadini.
Gli argomenti che avremmo voluto affrontare nel confronto sono molti e riguardano prima di tutto il bene della comunità e dei suoi singoli componenti.

Sono argomenti su cui la Diocesi lavora da anni, e che sono al centro del Percorso diocesano di Formazione Politica, la cui IX edizione ha preso il via proprio pochi giorni fa.

Riteniamo che dovrebbe essere normale che ogni persona potesse avere il necessario per promuovere la propria dignità e quella della propria famiglia. Purtroppo sappiamo bene che non sempre è così. La cosiddetta forbice tra i ricchi e i poveri si divarica sempre di più e il numero di coloro che non riescono a garantirsi una sufficiente qualità di vita è in spaventoso aumento.
Nel discorso che l'Arcivescovo ha offerto alla città il 24 giugno scorso, nella festa patronale di San Giovanni Battista, emergono alcuni punti che andrebbero ripresi e analizzati.

Il lavoro povero frutto di contratti a tempo determinato che precarizzano la vita, e generano conseguenze nefaste sulla possibilità, anzitutto per i giovani, di progettare il futuro e tutto ciò ha riflessi di ordine psicologico, sociale e demografico.
Stipendi e salari inadeguati per cui oggi si può essere poveri lavorando otto ore al giorno: a Genova dai dati della Caritas diocesana sappiamo che su 4891 persone aiutate dai centri di ascolto, 1.222 (cioè una su quattro) non è priva di occupazione, ma ha addirittura un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
La necessità di recuperare lavoro buono, che sia cioè stabile ed equamente retribuito, è una sfida da affrontare e che, se vinta, può combattere anche la grande piaga del decremento demografico che tocca non solo la Liguria ma tutto il nostro Paese impoverendolo non solo in termini di numero di abitanti ma anche in termini di Prodotto interno lordo.
L'emergenza abitativa è un grave problema che tocca migliaia di persone. Gli sfratti sono sproporzionati rispetto ad una città che ha almeno 30.000 appartamenti sfitti. Le famiglie che per difficoltà economiche perdono la casa sono rovinate, e molto probabilmente non ce la faranno più a ripartire. Queste famiglie entrano a far parte del grande numero degli esclusi di questa società. Il diritto alla casa non è un diritto costituzionale ma è un diritto che si fonda sulla dignità della persona, che non può essere costretta a trovare rifugi di fortuna, sotto un ponte, nell'atrio di una stazione o in mezzo ad una strada. Tutto questo non è degno di una società civile.

Sempre nel discorso alla città, sul tema della salute l’Arcivescovo ha affermato: «È uno degli aspetti dove finora ci sentivamo, più sicuri, ma che oggi presenta profili di preoccupazione. Il diritto alla tutela della salute, previsto in Costituzione (art 32), è estremamente importante perché non è soltanto un diritto individuale, ma anche un diritto “sociale”.
Il Servizio Sanitario Nazionale è motivo di orgoglio per il nostro Paese e va promosso, difeso e ringraziato».

Al cuore della Chiesa di Genova ci sono tante altre questioni, a partire dai giovani che spesso lasciano la nostra Regione senza più farci ritorno. Questo rischia di impoverire di energie vitali la nostra terra, riducendo la prospettiva di guardare al futuro con speranza e ambizione.

È nostro desiderio che tutti gli uomini e le donne di questa nostra Regione sentano la responsabilità di partecipare al voto. La Chiesa italiana, nell’ultima Settimana Sociale a Trieste, ha dedicato quattro giorni di riflessione e di condivisione sul tema della democrazia, che si alimenta della partecipazione attiva di tutti i cittadini. Venir meno al proprio dovere di votare può creare una ferita alla democrazia stessa, che oggi appare già un po’ indebolita. Andare a votare è un dovere da rispettare anche nei confronti dei nostri ragazzi, a cui abbiamo già consumato un pezzo di futuro e ai quali abbiamo il dovere di consegnare un Paese dove la democrazia resti un baluardo insormontabile.

Partecipare al voto significa anche rafforzare i luoghi della rappresentanza democratica, dare valore alle assemblee elette dal popolo che non devono e non possono essere scavalcate dalla fretta di agire in nome di un'efficienza che non può essere il solo indicatore del buon governo. Il buon governo, per qualunque ente amministrativo, non può prescindere dai pre-requisiti morali che devono essere alla base di ogni eletto, ma non può nemmeno prescindere dal rispetto delle regole che la democrazia si è data e che sono ben custodite dalla nostra costituzione. È anche per questo che rinnoviamo l'appello a non disertare le urne cercando, per quanto possibile, di ritrovare la passione per la politica che non è qualcosa che riguarda solo i partiti, ma è prima di tutto l'interesse alla cosa pubblica che dobbiamo sentire come la nostra casa e per la quale abbiamo l'obbligo di contribuire, con la nostra intelligenza e con la nostra volontà, a renderla migliore.
*Coordinatore Percorso diocesano
di Formazione Politica

Fonte: Il Cittadino
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