God is not dead
Nelle aule di un ateneo americano il professore di filosofia Jeffrey Raddison intende sradicare la fede in Dio, in nome di un totale approccio scientifico alla vita. Chiede perciò che i suoi studenti dichiarino per iscritto di non essere credenti. Ma Josh, uno dei suoi allievi si rifiuta di abiurare, viene così sfidato da Raddison a portare degli elementi che provino l’esistenza di Dio. Intanto alcune vicende fanno da sfondo al tema, tra le quali, per esempio, una giovane ammalata di cancro e una giovane musulmana ripudiata dal padre perché convertita al cristianesimo. Lo stesso professor Raddison si troverà di fronte ad una scelta radicale. Tratto dal libro omonimo di Rice Broocks e realizzato con due milioni di dollari, “God’s not Dead” ne ha incassati sessanta quando è uscito negli Stati Uniti nel 2014. La storia non potrà che dividere il pubblico, perché da una parte risulta lodevole e per molti aspetti coraggioso voler affrontare un tema così importante come la fede in Dio, soprattutto la fede cristiana, dall’altra non potrà che suscitare perplessità l’estrema semplicità dell’approccio ad un tema così complesso. Infatti, da una parte risulta assolutamente ridicola la posizione del docente che crede di imporre l’ateismo con lo stesso dogmatismo che rimprovera a chi ha fede; ma non per questo risulta soddisfacente il modo in cui si pone colui che è credente. Il risultato è infatti quello di un braccio di ferro con uno schematismo un po’ spicciolo e piuttosto tipico di un certo mondo settario abbastanza diffuso tra i predicatori americani (qui addirittura “Dio non è morto” è un messaggio mandato per sms). Non si può fare a meno di confrontare “God’s not dead” al famoso “Decalogo” di Krzysztof Kieslowski, e soprattutto al primo episodio “Io sono il Signore tuo Dio”, in cui un bambino è allevato dal padre, un professore universitario con una visione atea della vita mentre la zia è profondamente cristiana. In tutti e due i film vi è il confronto tra una visione materialistica e una cristiana della vita, purtroppo nell’opera di Cronk, pur ribadendo che “Dio non è morto” viene a mancare il senso più profondo della spiritualità e del bisogno del trascendente, che rende invece il “Decalogo” di Kieslowsky un vero capolavoro.
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