Al cinema - Tofu in Japan. La ricetta segreta del signor Takano
Regia di Mitsuhiro Mihara. Interpreti principali: Tatsuya Fuji, Kumiko Aso
Tatsuo Takano è un anziano signore che negli anni ha messo a punto una ricetta per il miglior formaggio di tofu in circolazione. Con lui, a lavorare nel suo negozietto, è la figlia Haru, divorziata da un certo tempo e per questo è tornata a vivere con il padre. Mentre tutti si preoccupano di cercare ad Haru un nuovo marito, Tatsuo è all’ospedale per accertamenti dove incontra Fumie con cui nasce una intesa rafforzata da un vissuto comune.
Il regista giapponese Mitsuhiro Mihara ha girato questo film nel 2023, con cui ha ricevuto alcuni premi internazionali come “Il gelso d’oro” al Far East Film Festival, evento dedicato al cinema asiatico che si svolge a Udine dal 1999 e che nell’ultima edizione ha visto la presenza di migliaia di spettatori e 3000 ospiti.
Il film racconta la vita semplice e quotidiana di un settantenne, che si è fatto un nome nella cittadina di Onomichi, vicina a Hiroshima. Il film è incentrato sulla figura di Tatsuo un uomo semplice la cui ambizione è fare un tofu buonissimo al quale si affianca la figlia Haru che una visione più moderna e imprenditoriale del commercio. Da questo nascono divergenze tra i due personaggi, rafforzate dalla differenza di età e da un vissuto diverso. Il film si concentra sul personaggio di Tatsuo, un uomo semplice la cui ambizione è fare un tofu buonissimo. La figura di Tatsuo potrà ricordare ad alcuni spettatori l’ultimo film di Wim Wenders “Perfect Days” ambientato sempre in Giappone, e anche nel film di Mihara abbiamo due personaggi semplici, immersi nella quotidianità, e preoccupati - Tatsuo e sua figlia Haru - di fare il loro lavoro al meglio tutti i giorni. In “Tofu in Japan” apparentemente non accade nulla, non ci sono eventi eccezionali o eroismi, però emergono desideri, sentimenti, paure e anche lutti derivanti da un passato terribile, non a caso tutto si svolge vicino alla città di Hiroshima. Il film fa trasparire anche una sua drammaticità, sebbene dotato di un tocco di leggerezza, in cui emerge l’umanità dei protagonisti.
Mihara firma dunque un’opera semplice e a tratti, come è stato definito al Festival di Udine, commovente.
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