Kabul, riaperto l’aeroporto. Biden: non potevamo più restare
Il presidente americano ha difeso la decisione di ritirare le truppe: “Dovevamo combattere il terrorismo - ha detto - non costruire una nazione”
È tornata la calma all'aeroporto Hamid Karzai di Kabul, e sono riprese le evacuazioni di personale diplomatico estero, dopo le scene di disperazione e caos dello scorso martedì 16 agosto, durante l’invasione di migliaia di afghani decisi a fuggire ad ogni costo dal Paese, quando anche la capitale è caduta in mano ai talebani. Centinaia di uomini hanno invaso la pista controllata dalle forze Usa, rincorrendo gli aerei statunitensi nonostante gli spari d'avvertimento dei militari. Alcuni si sono aggrappati ai velivoli in fase di decollo, tre sono precipitati e morti. Altri sono arrivati armati, e due sono stati uccisi dai soldati Usa. Per questo il Pentagono ha poi sospeso, nel pomeriggio di ieri, tutti i voli destinati a far uscire dal Paese il personale delle missioni ormai chiuse.
Nel suo discorso alla nazione, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha difeso la decisione di ritirare le truppe. La nostra missione, ha detto, “non avrebbe mai dovuto essere la costruzione di una nazione, ma combattere il terrorismo". "Siamo andati in Afghanistan, quasi 20 anni fa, per prendere quelli che ci hanno attaccato l'11 settembre 2001 e assicurarci che al Qaeda non potesse usare il Paese come base per attaccarci di nuovo. L'abbiamo fatto, dieci anni fa".
Biden ha puntato il dito contro i leader afghani che sono fuggiti dal Paese e condannato la resa dell'esercito, che non ha combattuto all'arrivo dei talebani. "Abbiamo speso mille miliardi di dollari, equipaggiato 300 mila uomini dell’esercito afghano – ha proseguito il presidente americano – e abbiamo dato la possibilità agli afghani di decidere il loro futuro, ma non potevamo dare loro la volontà di combattere per il loro futuro". Dopo 20 anni, ha sottolineato Biden, che per otto è stato il vice del presidente Obama, “ho imparato a mie spese che non c'era mai un buon momento per ritirare le forze statunitensi. Ecco perché siamo ancora lì".
Molti Paesi, come l’Italia, si sono affrettati già nei giorni scorsi, fino a ieri, ad evacuare i propri diplomatici, i collaboratori locali e i propri cittadini residenti nel Paese. Il presidente afghano Ashraf Ghani è fuggito all'estero, mentre il suo governo crollava. Le strade di Kabul sono ormai in mano agli estremisti. Fonti sul posto raccontano di strade apparentemente calme, con vie semideserte e nessuna presenza di ragazze e donne. Sono loro a rischiare di perdere ogni diritto, da quello di studiare a quello di disporre della propria vita, sotto la “legge islamica” fondamentalista che i talebani sostengono. A rischio della vita sono poi tutti e tutte coloro che sono associabili a forze occidentali o avverse ai talebani.
Intanto i talebani hanno però annunciato, con una nota, un’amnistia generale per tutti i funzionari che hanno lavorato per il governo, chiedendo a tutti gli abitanti di Kabul “di tornate alla routine con piena fiducia". Gli Stati Uniti confermano che la missione in Afghanistan terminerà quando verranno evacuati tutti gli americani che si trovano nel Paese, secondo programma entro il 31 agosto. Per le operazioni di evacuazione, gli Usa hanno dispiegato 6 mila soldati e altri mille sono in arrivo.
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