Non sono "morti bianche"
In Italia è allarme sicirezza sul lavoro
La cronaca degli ultimi giorni ha richiamato ancora una volta, anche se non in prima pagina, l’emergenza morti sul lavoro.
Il 24 ottobre un trafiletto veniva dedicato a due vittime, di 66 e di 70 anni, cadute da impalcature o da tetti: si sottolineava l’età anziana. La conferma dell’ampliarsi della piaga viene dal numero dei decessi da gennaio ad agosto 2021: 772 vittime. Una media mensile che registra quasi cento vittime: il 10% sono donne, madri, figlie, mogli e sorelle.
La pandemia ha obbligato a disegnare l’Italia “a colori”. Ma ha anche insegnato che i colori possono raccontare l’emergenza nei luoghi di lavoro.
L’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre – che elabora statistiche su infortuni e morti sul lavoro e offre corsi di formazione sulla sicurezza – ha deciso di utilizzare gli stessi colori per descrivere le tragedie che si consumano nella quotidianità lavorativa.
A finire in zona rossa nei primi otto mesi del 2021 con un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio pari a 27,1 morti ogni milione di lavoratori) sono: Puglia, Campania, Trentino-Alto Adige, Basilicata, Umbria, Molise, Abruzzo e Valle D’Aosta. In Zona Arancione: Piemonte, Marche e Friuli-Venezia Giulia. In Zona Gialla: Lazio, Calabria, Emilia-Romagna, Sicilia e Veneto. In Zona Bianca: Toscana, Lombardia, Liguria e Sardegna.
Si tratta di vite umane spezzate proprio là dove avrebbero dovuto trovare tutela, protezione e dignità.
A fronte di questo quadro il pensiero va alla Costituzione che, all’art.117, pone la tutela e la sicurezza del lavoro sotto la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni.
Da qui si passa alla Legge 81/08, o Testo Unico sulla sicurezza, con gli opportuni aggiornamenti.
Le norme esistono ma l’elenco delle persone morte e rese invalide non accenna a diminuire e all’ondata di emotività sembra far seguito perlopiù quella della rassegnazione alla fatalità.
Prendere la parola perché altri non corrano lo stesso rischio è una sensibilità culturale e un compito sociale che i media possono stimolare a patto che ripensino il modo di raccontare.
Proprio a chi opera nei mezzi di informazione è indirizzato l’appello “Non chiamatele più morti bianche” a firma di Marco Bazzoni operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a Firenze.
Queste morti, scrive Bazzoni sul settimanale e quotidiano on line Riforma, “non sono mai dovute al fato o al destino cieco e beffardo ma si determinano perché in molti luoghi di lavoro non si rispettano le minime norme di sicurezza. Vi sono delle responsabilità dietro ogni singola morte”.
La lotta per la sicurezza appartiene anche a una società che, fuori dai recinti delle fabbriche e dei cantieri, ha a cuore la vita che scorre dentro.
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