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Cosa dirà la gente

Un film di Iram Haq

Cosa dirà la gente

Nisha è una sedicenne di famiglia pakistana che vive a Oslo. La sua vita è divisa tra la famiglia, nella quale si mostra rispettosa della tradizione islamica, e gli amici, con i quali vive con spensieratezza la propria adolescenza. La sua esistenza è però destinata a cambiare improvvisamente quando il padre la scopre in camera sua con un coetaneo norvegese. Decide di allontanarla da Oslo e di portarla in un piccolo paese del Pakistan per nascondere lo scandalo che il suo comportamento avrebbe procurato. 

Realizzato a distanza di quattro anni dal buon film d’esordio (Jeg er din fu premiato a Toronto 2013 e scelto per rappresentare la Norvegia agli Oscar), il secondo lungometraggio di Iram Haq ne prosegue il discorso sull’inconciliabilità tra sentimento e tradizione culturale e la segnala come una delle voci più interessanti su un tema così attuale. Come nel precedente infatti, la protagonista è una donna norvegese-pakistana di seconda generazione (qui è un’adolescente, là una giovane madre single) che ha problemi sentimentali e con la propria famiglia d’origine. Ancor più di della protagonista del film del 2013 però, l’Io di Nisha è diviso tra due mondi profondamente diversi e incapaci di integrarsi. Una divisione che è all’origine di una grande sofferenza e che fa del film una sorta di “thriller esistenziale”. 

Quello della giovane Nisha è infatti un vero e proprio itinerario esistenziale costruito come uno Stationendrama (dramma a tappe) di origini scandinave nel quale si distingue la puntuale scrittura di Haq. Cosa dirà la gente è diviso in quattro capitoli (o atti) aperti/chiusi da altrettante dissolvenze in nero che da un lato permettono all’autrice di suddividere ulteriormente il percorso della propria protagonista tra la Norvegia/Occidente e il Pakistan/Oriente, dall’altro di apprezzare la precisione con cui Haq padroneggia la struttura narrativa “a chiasmo”, costruendo un efficace sistema di contrapposizioni e rispecchiamenti interni, di echi e di riverberi. L’altro pregio della regista norvegese-pakistana sta nella sua capacità di dirigere gli attori, dove mette al servizio del film il suo passato di attrice. Qualità infusa a tutti gli interpreti, ma che trova il proprio apice nell’ottima performance dei due protagonisti. Tanto che appare ineccepibile il premio assegnato a Maria Mohzdah come “miglior interprete femminile” del concorso del Bari International Film Festival 2018. 

Regia di Iram Haq

con Maria Mohzdah (Nisha), Adil Hussain (il padre)

Norvegia/Germania/Svezia 2017

Durata 108’

Fonte: Comunicati stampa
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