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Appuntamento al parco

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Appuntamento al parco

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Ad Hampstead, nel nord-ovest di Londra, abita Emily Walters, una vedova americana che, dalla scomparsa del marito, fatica a concentrarsi sulle cose che richiedono attenzione, come il suo vecchio appartamento che sta cadendo a pezzi, le sue finanze sempre più esigue e suo figlio Philip. Nonostante il sostegno dell’amica Fiona, Emily non vuole ammettere che, di fatto, riesce a malapena a sopravvivere. Un giorno, mentre dalla finestra del suo attico osserva la sconfinata distesa del parco che fiancheggia il suo quartiere, Emily scorge una capanna fatiscente abitata da un uomo trasandato, Donald Horner, che vive in armonia con la natura da diciassette anni. La sua catapecchia, però, è presa di mira da speculatori edilizi senza scrupoli che stanno cercando di sfrattarlo…

Cosa c’è di nuovo in Appuntamento al parco? Francamente nulla: una donna matura che galleggia nell’oceano della vita, intrappolata nelle convenzioni della buona società, e un ruvido, anziano barbone che, smarcandosi da ogni perbenismo ipocrita, è in fuga da se stesso respingendo, prima ancora, chi gli sta attorno. Una “teoria degli opposti” destinata fatalmente a convergere, in un’ennesima riproposizione di quel “cinema dai capelli bianchi” che è ormai diventato un genere a sé stante nel panorama filmico contemporaneo, sia in forma di commedia che di dramma.

Semplicistico e lezioso, il film di Joel Hopkins non tradisce i cliché del romantic old people movie, giocato su docili contrapposizioni: dalla reciproca estraneità dei due outsider, che vivono ai margini delle rispettive classi sociali, alla gentilezza seducente che si nasconde dietro i modi burberi di Donald e alla remissività di Emily che si trasforma via via in energica, liberatoria autostima. Un tessuto di fondo su cui il copione di Appuntamento al parco introduce timidamente il tema della speculazione edilizia e della sostenibilità ecologica attraverso la disputa legale tra i cinici immobiliaristi e i due protagonisti, intenzionati a difendere quella preziosa isola di pace all’interno del parco rappresentata dalla baracca di Donald.

Però, pur all’interno di una simile, prevedibile cornice narrativa, le interpretazioni di Diane Keaton e Brendan Gleason sono impeccabili, i dialoghi sono capaci di contenere in egual misura asprezze e carinerie e la descrizione di un certo milieu autoreferenziale è tutto sommato puntuale. Insomma, l’usato (cinematografico) sicuro.

Appuntamento al parco
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