Al cinema - Assassinio a Venezia

Venezia 1947: Poirot si è ormai ritirato da ogni attività investigativa e una guardia del corpo (Riccardo Scamarcio) fa in modo che nessuno lo avvicini. Un giorno però si presenta la vecchia amica di Poirot, Ariadne Oliver, che lo costringe a recarsi in un palazzo che, si dice, sia maledetto. L’occasione è quella di assistere ad una seduta spiritica per rievocare il fantasma della figlia della padrona di casa, precipitata nel canale. Poirot vi giunge mentre è in atto una festa per i bambini di un orfanatrofio.
Kenneth Branagh riveste ancora una volta i panni di Hercule Poirot in un’ambientazione del tutto inusuale per i gialli di Agatha Christie: scordiamoci la dolce campagna inglese per entrare in un antico palazzo veneziano, labirintico e misterioso. Sebbene vi siano alcune incongruenze storiche e culturali la narrazione presenta alcuni elementi che si trovano nei gialli della scrittrice inglese, come le sedute spiritiche. Il film dovrebbe essere ispirato a “Poirot e la strage degli innocenti”, ma Branagh si prende non poche licenze dal testo. Il film, nonostante qualche pecca e qualche licenza, rientra in uno dei gialli classici, proprio alla Agatha Christie. Interpretato dal bravissimo Branagh nei panni di un Poirot affaticato, dubbioso, che sembra volersi allontanare dal mondo; insieme a lui vi è un ottimo cast. Un ruolo fondamentale è giocato dall’atmosfera del palazzo veneziano (in realtà ricostruito negli studi di ripresa), isolato da una terribile tempesta d’acqua e che rende tutto molto più inquietante e claustrofobico. D’altronde, si sa: da Daphne Du Maurier con “A Venezia un dicembre rosso shocking” a “L’amante senza fissa dimora” di Fruttero e Lucentini, la città della laguna, con le sue inestricabili calli, può essere tanto romantica quanto misteriosa.