12 anni schiavo
Solomon Northup è un musicista nero e un uomo libero nello stato di New York. Ingannato da chi credeva amico, viene drogato e venduto come schiavo a un ricco proprietario del Sud agrario e schiavista. Strappato alla sua vita, alla moglie e ai suoi bambini, Solomon infila un incubo lungo dodici anni provando sulla propria pelle la crudeltà degli uomini e la tragedia della sua gente. A colpi di frusta e di padroni vigliaccamente deboli o dannatamente degeneri, Solomon avanzerà nel cuore oscuro della storia americana provando a restare vivo e a riprendersi il suo nome. In suo soccorso arriva Bass, abolizionista canadese, che metterà fine al suo incubo. "12 anni schiavo" è tratto da un'incredibile storia vera, scritta di proprio pugno dal vero Solomon, testimonianza di una vita e di un periodo storico, e il regista inglese Steve McQueen ha deciso di rendergli omaggio con un film. La novità dell'opera di questo autore in ascesa è proprio quella di presentarci la vicenda di questo protagonista non soltanto attraverso i suoi occhi e, quindi, facendoci vivere direttamente le vessazioni e le angherie da lui subite, ma articola il suo punto di vista prospettando anche le visioni dei vari "padroni" di Solomon. Ne incontra tanti il protagonista: i suoi carcerieri, inflessibili e senza pietà, che lo riducono in catene e gli cambiano nome e identità; il primo proprietario terriero a cui viene venduto, un uomo che vorrebbe essere giusto, che cerca di essere umano, ma rimane sempre e comunque uno schiavista; il secondo proprietario terriero per cui Solomon dovrà lavorare, nei suoi campi di cotone immensi, sotto un sole cocente, un uomo che si vanta di avere la "proprietà" dei suoi schiavi e li sottopone a violenze fisiche e psicologiche di ogni tipo; e infine un canadese, che crede nell'uguaglianza tra bianchi e neri e che aiuterà il nostro protagonista a riottenere la libertà e a tornare dalla sua famiglia.
La storia da cui il regista parte è forte e potente dal punto di vista emotivo, ma lo stile che McQueen sceglie è quello di un depotenziamento dell'afflato emotivo. Questo impedisce alla pellicola di colpire realmente lo spettatore ma ha comunque il merito di ricordare una piaga mai rimarginata della storia recente e di riaffermare l'uguaglianza e la dignità di ogni uomo, al di là di ogni tipo di differenza. Ed è anche la storia del coraggio che ogni uomo può trovare dentro di sé, se non smette mai di credere nella propria umanità e nel valore della sua identità.
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