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Quaresima nell’arte - Vangeli della V domenica e della domenica delle Palme

Verso Pasqua, un viaggio alla scoperta delle opere d’arte che l’hanno raffigurata

Quaresima nell’arte - Vangeli della V domenica e della domenica delle Palme

La resurrezione di Lazzaro è un miracolo di Gesù raccontato soltanto dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11:1- 44), dove Gesù riporta alla vita terrena Lazzaro di Betania, dopo quattro giorni dalla sua morte.
Il tema della resurrezione di Lazzaro è stato affrontato da tanti artisti, anche molto celebri perché è un episodio molto richiesto nella committenza dei cicli legati alle vicende della vita di Cristo. Troviamo illustri artisti come Giotto nella Cappella degli Scrovegni (1303-1305), cimentarsi su questo soggetto. In questo caso la composizione è molto tradizionale, riscontrabile in miniature già a partire dal VI secolo. Gesù a sinistra incede e leva il braccio per benedire Lazzaro, già fuoriuscito dalla tomba, che viene aiutato a sbendarsi dai discepoli; uno si copre il viso per evitare i cattivi odori mentre una donna solleva il velo in modo che scopra solo gli occhi. In basso due servitori appoggiano il coperchio marmoreo della tomba che Cristo ha chiesto di rimuovere. Alla vista del miracolo gli astanti sono colti dalla sorpresa, alzando le mani al cielo, mentre Marta e Maria si prostrano ai piedi di Gesù.
Di questo episodio ne è stato un autorevole interprete anche Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, che nel 1609 realizzò questa grande tela rappresentante appunto la “Resurrezione di Lazzaro” ed ora conservata al Museo Regionale di Messina.
L’artista decise di rappresentare il momento in cui Lazzaro, morto, viene trasportato al cimitero. Qui avviene il miracolo. In primo piano vediamo raffigurata tutta la scena. Il fondo è scuro, si notano solo alcuni accenni di elementi architettonici, a voler rappresentare l’interno di una chiesa. Sul terreno vi sono ossa di cadavere sparse. Ecco il miracolo, l’indice di Cristo che va ad indicare Lazzaro. Il suo corpo nella penombra, è ancora gonfio e rigido, ma già un barlume di vita lo pervade. La mano si spalanca, le braccia si allargano a voler imitare la croce. Lo stupore del miracolo avvenuto è concentrato tutto nel volto della figura centrale, il quale, rivolto verso il Cristo, ha la fronte aggrottata e la bocca semiaperta. Come era usuale in Caravaggio, anche qui abbiamo un suo autoritratto, rappresentato dall’uomo con le mani giunte posto dietro a Gesù Cristo. Anche qui, come nelle altre sue opere, la luce ha un ruolo da protagonista. Ma, in questi suoi ultimi lavori si denota una maggiore sperimentazione della luce, più soffusa e drammatica, tanto da portare le figure quasi a scomparire.

Il nostro percorso che ci porta a camminare nella Quaresima attraverso ai racconti dell’arte, ci avvicina alla Pasqua e questo episodio che vede il “ritorno alla vita” dell’amico Lazzaro segue l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, quella che viene definita nella liturgia la “Domenica delle Palme”.

In questo giorno si ricorda il trionfale Ingresso a Gerusalemme di Gesù, in sella a un asino e osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (Gv 12,12-15).
L'Entrata di Cristo a Gerusalemme è stata rappresentata tra 1309 e 1310 da Pietro Lorenzetti nel ciclo ad affresco con le Storie di Cristo della Basilica inferiore di Assisi. L'artista la rappresentò partendo da un'iconografia tradizionale (Cristo che avanza da sinistra verso destra seguito dagli Apostoli, con la gente di Gerusalemme che gli si fa incontro uscendo dalla città sul lato opposto), rinnovandola però con alcune invenzioni di grande effetto.
I due gruppi di figure si incastrano infatti lungo i bordi del dipinto generando un angolo ottuso molto divaricato, che ha il vertice nella figura di Cristo, in primo piano vicino allo spettatore. Egli incede sull'asinello entro un sontuoso mantello blu bordato d'oro, e avanza benedicendo la folla, la quale al suo passaggio lancia rami di ulivo (come i due fanciulli sulla terrazza rocciosa a sinistra, uno dei quali si sta arrampicando su un albero) e stende drappi sulla via.
Tutti questi gesti rievocano testi dell'Antico Testamento. L'asino: è cavalcatura in tempo di pace, mentre il cavallo era utilizzato per tirare i carri in battaglia. Secondo la Genesi e la profezia di Zaccaria l'asino caratterizza il re messianico che discenderà da Giuda. Anche Salomone venne fatto salire sulla mula del re Davide al momento della sua incoronazione (1Re 1, 38-40), mentre il suo rivale Adonia si era procurato inutilmente carro e cavalli.
I testi, dunque, descrivono una scena d'incoronazione da parte dei pellegrini che dalla Galilea si recavano a Gerusalemme e che conoscevano i miracoli fatti da Gesù; per maggiore chiarezza il Vangelo secondo Giovanni esplicita che il personaggio benedetto è "il re d'Israele". I mantelli erano un simbolo di incoronazione: venivano stesi sui gradini da salire per ascendere al trono. Evidentemente i mantelli vennero stesi in un luogo preciso, non lungo tutto il cammino. Betania, da cui proviene Gesù e dove si ritirerà la sera stessa, era subito fuori Gerusalemme a est del Monte degli Ulivi. L'incoronazione, quindi ha avuto luogo sul Monte stesso, non appena giunti in vista della città di Gerusalemme o poco prima, come ricorda Luca.
I testi evangelici descrivono poi il formarsi di un corteo diretto al tempio e caratterizzato ora religiosamente tramite la citazione del salmo 118. Nei giorni di festa e soprattutto in occasione della cena pasquale gli ebrei recitavano lo Hallel costituito dai sei salmi 113-118. I rami di palma erano un simbolo festoso della festa delle capanne, una delle tre grandi feste di pellegrinaggio del giudaismo. Secondo il salmo 118, che descrive una liturgia del Tempio di Gerusalemme, il corteo osannante con rami frondosi diretto al Tempio era un corteo di ringraziamento per la salvezza operata inaspettatamente dal Signore.
Gli apostoli sono colti ciascuno nella propria individualità: in primo piano si riconosce Giuda Iscariota, già senza aureola, vicino a San Pietro col quale scambia uno sguardo. Dietro di loro un altro, forse Giacomo il maggiore, è distratto dai bambini che lanciano l'ulivo, e ruota vistosamente la testa.

Nella foto: Pietro Lorenzetti, Ingresso di Gesù a Gerusalemme

Fonte: Il Cittadino
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