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Le opere di misericordia nell’arte

Moltissimi i dipinti, le sculture, le miniature e le incisioni

Le opere di misericordia nell’arte

Il tema della misericordia, proprio perché costituisce il cuore del pensiero cristiano, è stato oggetto di tante opere d'arte, da dipinti a sculture, da miniature a incisioni, che raffigurano da una parte la Madonna della Misericordia, cioè la Vergine che accoglie con il mantello il popolo cristiano, come una madre che protegge, difende e aiuta la propria prole, e dall'altra le Opere di Misericordia Corporali, che Cristo enuncia (Vangelo di San Matteo, 25, 35-36) e che il buon cristiano deve compiere.
Nelle moltissime opere d’arte che presentano la misericordia, dai dipinti alle sculture e poi le incisioni e le miniature, la figura che meglio ci propone l’immagine della Misericordia è quella della Vergine, chiamata anche Madre della Misericordia.

Piero della Francesca (1412 circa –12 ottobre 1492) realizza il Polittico della Misericordia tra il 1445 e il 1462, oggi conservato presso il Museo Civico di Sansepolcro in provincia di Arezzo. L’opera venne commissionata dalla Confraternita della Misericordia di Borgo Sansepolcro come pala da destinare all’altare della chiesa. Il polittico si compone di 23 tavole. Al centro del polittico si trova la Madre della Misericordia, una rappresentazione della Vergine Maria che apre il mantello per dare riparo e protezione a coloro che la venerano, immagine, questa, derivata dalla consuetudine medievale della protezione del mantello, che le nobildonne potevano concedere a perseguitati e bisognosi d’aiuto. La figura della Vergine è posta su un luminosissimo fondo oro, il suo viso bellissimo è imperturbabile a voler significare la sovranità celeste simboleggiata dalla corona posta sul suo capo. Il suo sguardo è intenso e rivolto in basso verso l’umanità in preghiera come a voler promettere di comprendere, assistere, proteggere chi la invochi con fiducia infondendo conforto, consolazione e speranza.
La sala capitolare di Santa Maria Novella a Firenze, più precisamente quello che viene chiamato il “Cappellone degli Spagnoli”, così denominato perché frequentato dalla corte spagnola al seguito di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici (12 giugno 1519 – 21 aprile 1574), fu affrescata dal pittore fiorentino Andrea di Bonaiuto (marzo 1319 – luglio 1377) e dai suoi collaboratori tra il 1365 e il 1367.

L’opera presenta una iconografia complessa specie quando si osserva l’affresco denominato “Chiesa militante e trionfante”. In questo affresco viene rappresentata la missione dei domenicani, che consiste nella predicazione, opera di misericordia spirituale, come mezzo per l’evangelizzazione e quindi per portare l’uomo a Dio.
L’affresco sembra volere affermare l’esistenza di una stretta relazione tra la realizzazione di opere d’arte e l’esercizio delle opere di misericordia spirituale, in quanto se l’arte è la “Bibbia dei poveri”, chiamata a spiegare attraverso le immagini il contenuto della Rivelazione, la finalità dell’arte non è solo didattica, ma è anche capace di dare indicazioni morali e, dunque, di ammonire i peccatori e consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, perdonare le offese, di essere di ausilio nella preghiera e nella contemplazione. L’arte, così intesa, diventa essa stessa opera di misericordia spirituale.
Il tema della misericordia è affrontato anche dal Caravaggio in una grande tela da collocare sopra l’altare maggiore della chiesa del Pio Monte della Misericordia di Napoli, dove è ancora oggi. L’opera raffigura le Sei opere della carità e la sepoltura dei morti, tema particolarmente caro nel XVI e XVII secolo dato l’alto tasso di mortalità causato, tra l’altro, dalle ripetute recrudescenze di epidemia di peste.

Il dipinto si divide in due gruppi: nella parte in alto, la Vergine col Bambino, sorretta da due Angeli con grandi ali, il volto sereno, tranquillo, guarda verso il basso quasi per mostrare consenso e affetto alle figure sottostanti. Nella parte in basso, le opere della misericordia, rappresentate con poche figure che sinteticamente compongono la complessa macchina iconografica. Il “Visitare i carcerati” e il “Dar da mangiare agli affamati” sono simboleggiate dal tema della Carità Romana, così come evocato da Valerio Massimo nella storia di Cimone e Pero. Cimone, che condannato a morte per fame in carcere, fu nutrito dal seno della figlia Pero e per questo fu graziato dai magistrati che fecero erigere nello stesso luogo un tempio dedicato alla Dea Pietà.
Il “Seppellire i morti” si riconosce nei piedi e nelle gambe di un cadavere portato a sepoltura. A San Martino è collegato il “Curare gli infermi”, indicata dalla figura in basso dello storpio, così come il “Vestire gli ignudi”, ricordato dall’episodio del mantello diviso a metà con un uomo seduto per terra ripreso di spalle. Il "Dar da bere agli assetati" è rappresentato da un uomo che beve da una mascella d'asino, Sansone, che nel deserto bevve l'acqua fatta sgorgare miracolosamente dal Signore.
Infine, l’“Ospitare i pellegrini” è rappresentata da un signore benvestito che, dietro il giovane con il mantello, indica la sua casa ad un pellegrino, identificato dall'attributo della conchiglia sul cappello, segno del pellegrinaggio a Santiago de Compostela.

Fonte: Il Cittadino
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