Comunità diocesana
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Sosteniamo i sacerdoti! Don Stefano Colombelli: a Sestri, in fabbrica e nel mondo della formazione professionale

Il Cittadino affianca la CEI nel raccontare le storie di tanti sacerdoti diocesani: sosteniamo il loro servizio con un'offerta 

Sosteniamo i sacerdoti! Don Stefano Colombelli: a Sestri, in fabbrica e nel mondo della formazione professionale

Domenica 15 settembre scorso in tutte le parrocchie delle Diocesi italiane si è celebrata la XXXVI Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti.
La Giornata, istituita nel 1989, è finalizzata soprattutto a far conoscere la possibilità di contribuire, ciascuno in prima persona, al sostentamento dei sacerdoti nelle Diocesi italiane attraverso una donazione in denaro, al di là dell’obolo nelle celebrazioni delle Messe.

Il loro sostentamento, dal 1990, è affidato esclusivamente alle comunità e ai fedeli. È importante diffondere il più possibile questa informazione nelle parrocchie e nei gruppi.
Sostenere economicamente i sacerdoti al di là delle offerte che normalmente si possono fare in chiesa significa garantirne la presenza e l’opera.

Per questo, la CEI ha predisposto il sito www.unitineldono.it. Qui, oltre alle tante modalità per sottoscrivere la propria offerta, sono narrate tante storie di sacerdoti che, nelle Diocesi italiane e nel mondo, prestano il loro servizio. Anche quest’anno, Il Cittadino affianca l’impegno della CEI nella condivisione di tante storie di sacerdoti diocesani. 

Questa settimana abbiamo incontrato don Stefano Colombelli, Vicario di Sestri Ponente, parroco, Cappellano Armo e Assistente della Fondazione Cif.

Don Stefano, da due anni sei Vicario di Cornigliano -Sestri, parroco di San Giovanni Battista a Sestri e Amministratore parrocchiale a Santo Stefano di Borzoli. Come porti avanti la pastorale nelle tue parrocchie? Accanto all’“ordinario” ci sono alcune attività particolari? Condividi alcune attività con le altre parrocchie del Vicariato?
Non è mai facile riuscire a portare avanti la pastorale in due parrocchie che non sono vicine… e mi va bene che ne ho solo due! Scherzi a parte, io e don Davide Pone, curato a San Giovanni Battista di Sestri Ponente, cerchiamo di spostarci in modo da arrivare a tutti nelle due parrocchie. Passo dopo passo, cercando di creare occasioni specifiche di incontro per le due comunità, soprattutto nelle feste patronali, andiamo avanti. A Santo Stefano di Borzoli si porta avanti la pastorale ordinaria. La presenza della Società Operaia Cattolica costituisce un presidio fondamentale per il territorio, e qui le persone trovano un punto di riferimento anche per le attività sociali. A San Giovanni Battista, grazie ad un contorno molto ampio dovuto alla presenza del campo da calcio, del teatro parrocchiale, della Società Operaia Cattolica, si concentrano più attività. A livello vicariale si lavora insieme nel Consiglio Pastorale, e ci poniamo l’obiettivo di fare squadra comunicandoci gli eventi organizzati nelle varie parrocchie e stabilendo una rete. Non avrebbe senso, in ambito vicariale, non coinvolgerci gli uni con gli altri, vista la vicinanza delle parrocchie: il fine è proprio quello di partecipare alle iniziative di tutti.

Un discorso a parte merita la Pastorale Giovanile, che viene svolta con la parrocchia dell’Assunta di Sestri. Come procedete?
Da diversi anni, prima ancora che io fossi parroco qui a Sestri, l’attività giovanile viene svolta con la parrocchia dell’Assunta. È un elemento molto importante. Prima di tutto, c’è la collaborazione fra noi sacerdoti, lo scambio di idee e la possibilità di lavorare insieme. È bello pensare anche a questa apertura fra i giovani, con le attività che vengono svolte insieme. Ci sono anche alcuni appuntamenti vicariali per i giovani di tutte le parrocchie di Sestri: la celebrazione delle Ceneri, la Via Crucis al Monte Gazzo, e qualche momento di riflessione e incontro comunitario. Per quanto riguarda l’ACR, invece, ogni parrocchia svolge il suo percorso individuale.

Oltre che parroco sei anche Cappellano del Lavoro nello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, in Tenova e in ABB. Un servizio che ti permette di entrare in contatto con tante persone, non necessariamente religiose. Quale realtà emerge? Ci sono stati degli incontri “significativi” dal punto di vista del rapporto umano?
Sì, sono cappellano del lavoro da 9 anni. Riscontro una grande differenza fra Fincantieri e le altre due aziende. In Tenova e ABB incontro soprattutto impiegati alle loro scrivanie, e qui si vive un momento di scambio più rapido… a volte solo un semplice saluto, a volte qualche riflessione in più. In Fincantieri c’è una realtà multiculturale. Qui lavorano persone di almeno 15 nazionalità diverse. All’interno dello stabilimento ci sono operai e impiegati. Anche in questo caso, con le persone alla scrivania c’è un approccio più semplice; con gli operai invece si entra fisicamente nel luogo dove materialmente si costruisce… e non sempre è facile instaurare un dialogo. Nel cambio turno o negli spostamenti da un luogo all’altro si possono incontrare più facilmente le persone. Con gli operai non italiani non è facilissimo entrare in relazione, a causa della lingua. Voglio però dire che non ho mai riscontrato nessuna opposizione, nemmeno da parte di chi non professa alcuna religione. E gli incontri significativi sono tanti! Da un semplice saluto può nascere il dialogo, l’apertura del cuore. Si incontrano persone che a volte attraversano momenti di difficoltà: è questa la Chiesa in uscita di cui parla Papa Francesco, e noi Cappellani la viviamo ogni volta in cui si entra negli ambienti di lavoro. Qui noi portiamo quel Gesù che abbiamo nel cuore senza però fare catechismo, semplicemente con il nostro modo di fare, nell’attenzione e nella cordialità verso tutti. Dopo il Covid, con lo smart working, è stato più difficile incontrare soprattutto il personale impiegato. Questa modalità di telelavoro, che si è prolungata, purtroppo genera separazione fra i colleghi e anche con l’azienda stessa. Dietro al lavoro ci sono dinamiche umane molto importanti, e la mancanza di relazione facilmente “disumanizza” il lavoro. L’arrivo dell’intelligenza artificiale va monitorato, soprattutto per garantire che il lavoro resti sempre umano e non prevalgano le macchine.

Fra i tuoi incarichi c’è anche quello di Assistente della Fondazione Cif, un ente di formazione che offre percorsi per giovani e disoccupati, ma anche progetti di inclusione per fasce deboli. Come accompagni il cammino dell’ente? Quanto è importante, in base alla tua esperienza, offrire concrete possibilità di affacciarsi al mondo del lavoro adeguatamente formati?
Da 8 anni sono Assistente della Fondazione Cif, e faccio parte del Consiglio di Amministrazione. Il Cif offre percorsi formativi in diversi settori, per gli adulti, per chi cerca una formazione professionale superiore. La maggior parte dei percorsi formativi sono per i ragazzi che non vanno a scuola o che hanno difficoltà familiari. Gli si insegna un lavoro per fare su di loro un progetto preciso, anche di inclusione sociale. C’è poi l’ambito della formazione nella disabilità nelle sue tre fasce (bassa, media, grave). La volontà è quella di dare un’opportunità alle persone disabili, e una risposta alle loro famiglie, perché la disabilità è una grande sfida. Cif cerca di aiutare queste persone nel dare un’autonomia, soprattutto per chi ha disabilità meno gravi. Questo avviene perché il cuore di questo ente formativo, che è una derivazione del Centro Italiano Femminile, è costituito dai valori cristiani.
Oggi vediamo tanti ragazzi che si definiscono “allo sbando”… ma quando hanno la possibilità di impegnarsi in un lavoro, le cose cambiano. Per questo dico sempre ai giovani che incontro di non permettere a nessuno di mettere in dubbio il loro valore. Al Cif si formano professionisti nel campo della ristorazione e della logistica: vedo che di fronte alla consapevolezza delle capacità professionali acquisite, i giovani acquistano fiducia in loro stessi, e possono spendersi meglio nel mondo del lavoro. Una formazione professionale completa ha un valore enorme al giorno d’oggi, al pari di altri titoli di studio: questo non va dimenticato anche dalle famiglie, che devono incoraggiare i figli in questa direzione. Aggiungo che in questi anni, come Chiesa genovese, spinti anche dall’Arcivescovo di Genova, che nella CEL ha la delega al lavoro, è nato un cammino comune fra Cif e altre Fondazioni ed Enti che si occupano di formazione e fanno capo ad AssoCEIC; questo cammino è finalizzato a formarci, confrontarci e sostenerci nei momenti di difficoltà. È bello essere, come Chiesa, presenza importante accanto a questi Enti di formazione.

Imparare un mestiere oggi equivale a offrire a molti giovani la possibilità di un futuro più certo e stabile. Fondazione Cif ha anche un occhio sempre aperto sul sociale. Quale valore ha oggi per un giovane poter vivere un’esperienza positiva e guardare con più fiducia al mondo del lavoro?
La formazione adeguata e completa va di pari passo con l’etica del lavoro. Oggi è urgente riflettere su questo aspetto: il lavoro nobilita l’uomo. Sembra uno slogan, ma non lo è! Ogni volta che il lavoro è solo una fonte di guadagno, ogni volta che non si comprende che il lavoro in realtà è costruire qualcosa di importante per se stessi, per la propria famiglia e per la società, si rischia di non dare il giusto peso al proprio lavoro. Fondazione Cif cerca di fare match, incontrare domanda e offerta e mettere in collegamento gli imprenditori che oggi fanno fatica a trovare professionalità con chi effettivamente cerca lavoro e ha una specializzazione. In questo senso i giovani vanno aiutati a orientarsi verso il mondo del lavoro e verso alcune professioni che oggi si stanno perdendo. Non tutti oggi devono essere laureati, c’è bisogno di specializzazione in quei lavori che una volta erano considerati umili, ma che invece sono assolutamente necessari.
Ci vuole uno sguardo più aperto, un’ottica del fare squadra fra le aziende, fra enti di formazione, e imparare a vivere il lavoro come qualcosa che costruisce qui il regno di Dio. Non dimentichiamo che la nostra fede si innesta nelle nostre relazioni quotidiane e nel nostro vivere tutti gli ambienti.

Fonte: Il Cittadino
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