Genova per la missione a Cuba - la testimonianza di don Paolo Benvenuto
La grave situazione pandemica non impedisce di dare aiuto
Abbiamo ricevuto da don Paolo Benvenuto una lettera in cui racconta il suo arrivo nella missione interdiocesana di Cuba, dove da qualche settimana ha sostituto Mons. Piero Pigollo.
Nella sua lettera don Paolo racconta ai lettori la sua prima impressione nella missione.
Il mio impatto con la missione è stato segnato dalla pandemia del Covid.
Per la quarantena che ho dovuto fare all'arrivo, ma anche perché mi sono ritrovato in una realtà dove il covid impedisce di fare la maggior parte delle attività pastorali.
La Messa la celebriamo soltanto al mattino presto nella chiesa parrocchiale, a porte chiuse come era in Italia nella primavera del 2020; praticamente non si fanno riunioni di nessun tipo.
Questo non mi ha impedito di incontrare la comunità parrocchiale di Nuestra Señora de los Dolores qui di Santo Domingo.
Ci sono una serie di collaboratori che continuano il loro servizio, come le preziose segretarie, che conoscono un po' tutti e mi spiegano di questo e di quello, e come la gente impegnata nel servizio dei pasti ai bisognosi, che non hanno smesso di dedicarsi alla loro missione.
Le suore, poi, sono molto addentro, soprattutto verso gli ammalati, e li visitano nella maniera che la pandemia lo permette.
Non potendo fare riunioni, ho cercato di darmi da fare visitando le persone, sia nelle comunità fuori da Santo Domingo, sia nella cittadina stessa.
Vedo in tanti un desiderio forte di ritornare alla vita di Chiesa, insieme alla consapevolezza responsabile che per ora bisogna attendere, e coltivare la fede nelle famiglie.
Il covid imperversa anche qui: la popolazione non è vaccinata, e per questo si sente parlare giornalmente di tizio che ha preso il contagio, di caio che è morto, di sempronio che non trova le medicine per curarsi.
Le medicine. Sì, perché la pandemia le ha rese particolarmente scarse.
Da Miami ci è arrivata una donazione, e abbiamo vissuto tre giorni di assedio della gente che cercava disperatamente un calmante, un antibiotico, un antinfiammatorio. Ho dovuto improvvisarmi farmacista, perché la pressione è tale che i collaboratori non si sentono di affrontare la richiesta.
E la maggior parte delle riposte che do è "mi spiace, non l'abbiamo", "è finito", "non è arrivato".
Stamattina due funzionari del partito sono venuti a parlarci, per studiare una collaborazione nel caso che arrivassero altre donazioni, perché quello che si è visto è che molti hanno fatto carte false pur di accaparrarsi medicine per tenerle da parte o, peggio, per venderle a prezzo esorbitante al mercato nero. Forse abbiamo messo a punto una strategia per evitare che succeda di nuovo, e per far arrivare le medicine a chi davvero ne ha bisogno.
Per il resto cerco di seguire le persone su whatsapp, di informarmi sulla salute di questo o di quello, senza trascurare la preghiera, la confessione, la mia vita spirituale. Prego anche per la Chiesa di Genova che mi ha mandato, e per tanti cuori che so di portare qui in dono al popolo di Cuba.
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