Verso la Settimana Sociale. Cattolici chiamati all’impegno in politica e democrazia
Sono molti coloro che militando nell’associazionismo cattolico hanno poi reso un servizio nelle istituzioni e nella politica attiva
Nell'imminenza della 50ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, dal 3 al 7 luglio a Trieste, proponiamo alcune riflessioni del Prof. Massimiliano Costa, Coordinatore dell'Ufficio Scuola della Diocesi, sui temi principali che saranno dibattuti nell'ambito dei lavori assembleari.
Dice Papa Francesco: “La carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi” e qui sta la radice dell’impegno in politica dei Cattolici. Nel nostro Battesimo si fonda la ragione del nostro impegno e parafrasando Giorgio La Pira “faccio politica non da cristiano ma in quanto cristiano”.
La testimonianza nel mondo è propria del Laico cristiano e ciò riguarda non solo i rapporti interpersonali e sociali dei singoli, ma anche il rapporto con la politica in senso lato, che si occupa del governo della società, delle istituzioni, dei rapporti economici, delle relazioni internazionali. Paolo VI ha definito la politica come “forma alta ed esigente di carità”, sollecitando i cristiani ad un impegno per contribuire al bene comune. Il perseguimento di questo necessario al fine di promuovere la fraternità tra le nazioni, l’amicizia sociale all’interno della convivenza civile.
Storicamente, in epoca contemporanea, i cattolici in Italia hanno vissuto diverse fasi di rapporto con la politica: dall’iniziale partecipazione al processo risorgimentale si arriva alla contrapposizione con il nuovo stato italiano (dopo la conquista di Roma e la fine dello stato pontificio); dalla conseguente estraneità alla politica al progressivo inserimento nella vita sociale con il movimento cattolico di fine ‘800; dalle prime esperienze politico-amministrative nel primo ‘900 al definitivo inserimento nelle istituzioni durante la Prima Guerra Mondiale; dalla nascita e sviluppo del Partito Popolare, di ispirazione cristiana, nell’immediato primo dopoguerra, stroncato dall’affermazione della dittatura fascista, allo sviluppo dell’Azione Cattolica; dal contrastato rapporto con il regime alla partecipazione alla Resistenza; dall’organizzazione politica attraverso il partito della Democrazia Cristiana e una fitta rete di associazionismo religioso e sindacale ad un ruolo decisivo dei cattolici nella costruzione della democrazia in Italia (dalla Costituzione agli anni ’80); dal declino della DC alla frammentazione politica dei cattolici, fino ad una presa di distanza dalla vita politica negli ultimi decenni.
La medesima appartenenza religiosa ha animato posizioni eterogenee e orientato scelte diverse, ben prima che con il Concilio Vaticano II si giungesse al riconoscimento di quel “legittimo pluralismo” che di fatto ha superato quella stretta identificazione tra appartenenza ecclesiale e scelta politica.
Il rapporto tra cattolici e politica nei diversi momenti ha visto alternarsi la presenza di filoni culturali molto differenti caratterizzati da una visione intransigente o liberale, autoritaria e integralistica o sociale e democratica.
Il rapporto tra il mondo cattolico italiano e la democrazia è sempre stato molto condizionato dagli indirizzi dati dai Papi che si sono succeduti, influenzando così la politica italiana in modo determinante. Con l’enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII (1963) che nei nuovi “segni dei tempi” vede la democrazia quale strada per la costruzione della pace e della giustizia e soprattutto con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha iniziato a centrare il suo messaggio sociale sulla ricerca del bene comune, sul valore della libertà e della partecipazione di tutti i cittadini alla comunità politica, distinguendo il piano religioso da quello politico e riaffermando quindi l’autonomia delle cose temporali da quelle spirituali. Non identificarsi con alcuno tra i sistemi politici non vuol dire rimanere indifferenti rispetto ai valori proposti e alle diverse vie per diffonderli, così con la Gaudium et spes si ripropone l’impegno del Laico cristiano nell’agire anche in politica.
Sono molti coloro che militando nell’associazionismo cattolico hanno poi reso un servizio nelle istituzioni, nella politica attiva, nell’impegno quotidiano per la crescita della nostra Nazione. Purtroppo dopo il Convegno della chiesa italiana di Palermo (1995) che sostanzialmente ha preso atto della fine del collateralismo del mondo cattolico con la Democrazia Cristiana, e con il successivo Progetto culturale, abbiamo assistito negli ultimi decenni sia ad un progressivo rinchiudersi in sacrestia del laicato cattolico più impegnato che si è rivolto a diversi altri servizi alla società tralasciando quello più specificatamente politico, sia ad un progressivo distacco dei fedeli cattolici italiani dal riferimento religioso ed ecclesiale nelle scelte valoriali ed etiche e conseguentemente anche nella ricerca di un riscontro di queste nella politica.
Se vogliamo tenere ancora solido il riferimento ai valori indicati dalla Costituzione e dal Concilio, crediamo indispensabile riflettere seriamente sul modello di società che ci troviamo a vivere: in una realtà in cui si combinano individualismo consumistico, ricerca di interessi particolari, concentrazione del potere nelle mani di pochi, presenza diffusa di illegalità, mafie, corruzione, appare sempre più necessaria una nuova educazione alla politica e alla democrazia, attraverso cui i cristiani – seppur minoranza – possano offrire un contributo costruttivo e non solo di testimonianza, alla ricerca del bene comune e alla convivenza civile.
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