2a Domenica dâAvvento anno C, Luca (3, 1-6)
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio
Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
La seconda domenica di Avvento presenta l’attività di Giovanni il Battista. Collocata subito dopo i racconti dell’infanzia (capp. 1 e 2), nel Vangelo di Luca essa occupa tutta la prima parte del capitolo 3 (vv. 1-20), ed è seguita dal breve racconto del battesimo di Gesù (vv. 21-22) e dalla sua genealogia “ascendente” (vv. 23-38).
La solennità del linguaggio, l’ampiezza e la precisione delle informazioni sembrano suggerire che per l’autore questo sia un passaggio fondamentale, in un certo senso un nuovo inizio: del resto, la figura e la predicazione del Battista sono il punto di partenza del racconto di Marco (Mc 1,4-8) e, per tutti i Vangeli sinottici, il ministero pubblico di Gesù prende avvio dopo il battesimo ricevuto da Giovanni e, almeno per Matteo e Marco, dopo la sua uscita di scena (Mc 1,14-15; Mt 4,12-13).
Il primo versetto (Lc 3,1) offre una rara e preziosa indicazione di cronologia assoluta: la predicazione di Giovanni inizia «nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare». Poiché Tiberio assume l’imperium (non più associato ad Augusto, ormai defunto, ma da solo) nel 14 d.C., siamo nel 28 o 29 d.C. (a seconda di quando si consideri l’incipit dell’anno).
Oltre al nome di Tiberio, Luca presenta anche le altre autorità politiche e religiose in carica in quel momento. E così sfilano davanti agli occhi del lettore personaggi noti e meno noti: Ponzio Pilato, governatore della Giudea, i tetrarchi Erode, Filippo e Lisania, i sommi sacerdoti Anna e Caifa.
In questo modo, l’evento di Giovanni (v. 2) è contestualizzato in un tempo e in uno spazio precisi e determinati, come ogni avvenimento umano, ed è richiamata la fondamentale dimensione storica di ogni intervento salvifico di Dio (si parla, infatti, di “storia” della salvezza).
L’inquadramento spazio-temporale ha l’obiettivo di informare il lettore del fatto che «la parola di Dio venne [letteralmente: avvenne, fu] su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto» (v. 2). In questo modo, l’autore presenta il Battista sul modello di uno degli antichi profeti di Israele, come Geremia o Ezechiele (Ger 1,1-3; Ez 1,1-3), per i quali la parola di Dio diventa ragione di vita, compito affidato, identità profonda (Ger 15,16). Del resto, il modello profetico è scelto da Luca, diversamente dagli altri sinottici, anche per presentare l’inizio del ministero di Gesù, nella sinagoga di Nazaret (4,16-30).
È interessante osservare che l’evento della predicazione di Giovanni non accade in uno dei centri di potere elencati dall’autore, ma «nel deserto», vale a dire in un luogo lontano e isolato (oggi diremmo, in una “periferia” del mondo), anche se non è destinato a rimanere in tale isolamento, ma a raggiungere una dimensione universale (v. 6).
In conseguenza di questo “avvento” della parola, Giovanni percorre la regione del Giordano, «predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (v. 3). L’espressione è ripresa letteralmente da Marco (1,4) e richiama il rito, compiuto una sola volta, dell’immersione (questo è il significato etimologico della parola “battesimo”) nell’acqua corrente di un fiume (al contrario delle abluzioni del mondo giudaico), come segno dell’intenzione di cambiare vita, in vista del perdono dei peccati. È interessante osservare il senso della parola “conversione”: il termine usato da Luca (“metánoia”) indica non tanto un cambiamento di direzione (una conversione “morale”, cioè dell’agire), quanto un cambiamento del modo di pensare, della mentalità, che poi ha un’inevitabile ricaduta sul comportamento concreto, ma che parte prima di tutto dall’interiorità della persona.
I versetti conclusivi (vv. 4-6) sono una citazione di Isaia (40,3-5), che si trova anche negli altri sinottici (Mc 1,3; Mt 3,3), ma in Luca è più ampia, perché comprende tre versetti del profeta, invece che uno solo. È evidente che, di questi, l’ultimo (v. 6: «ogni uomo [letteralmente: ogni carne, cioè ogni essere vivente] vedrà la salvezza di Dio») ha il ruolo di maggiore rilievo e apre un’importante prospettiva. L’autore, infatti, parla di “salvezza” di Dio, usando un termine che si ritrova solo qui e alla fine del libro degli Atti (28,28), quando l’apostolo Paolo, a Roma, al centro del mondo allora conosciuto, solennemente dichiara che il Vangelo deve essere annunciato alle genti.
In altre parole, anche se l’evento iniziale della predicazione di Giovanni avviene in un contesto limitato e periferico, esso costituisce il primo passo di una vicenda che è destinata a diventare universale: la salvezza di Dio, rivelata pienamente in Gesù e preparata dal Battista, è in realtà un avvenimento che ogni uomo potrà vedere, e che coinvolge l’umanità intera nel suo dinamismo di liberazione, di grazia e di rinnovamento della vita.
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