II lettura di domenica 20 dicembre - Il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora è manifestato
IV domenica di Avvento (Anno B)
Fratelli, a colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell'eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all'obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.
P rogettando di far visita alla comunità cristiana di Roma, Paolo scrive la lettera, in cui tratta della grazia divina, offerta a tutti gli uomini, quindi anche ai non appartenenti al popolo israelitico, i quali pertanto sono chiamati alla salvezza, alla santità. Conclude e riassume la missiva in una concettosa dossologia, un inno di lode a Dio, che – per alcuni elementi – sembra di tipo liturgico.
Ossia: l’esposizione dottrinale sfocia, quasi prorompe, in una esaltazione della sapiente bontà divina.
È Dio infatti che rende gli uomini disponibili all’annuncio del Vangelo da parte dell' apostolo, il quale proclama il messaggio di Cristo. Ed è Dio che “conferma” i credenti, dà consistenza alla loro adesione.
Come? Mediante la rivelazione, la manifestazione, attraverso Cristo, del mistero concernente la salvezza universale: un mistero “taciuto per secoli”, poi annunziato, fatto balenare dai profeti ed infine svelato e reso operante da Cristo.
Il piano divino si attua ora – “al presente” – nell’opera di Cri-sto, divulgata dalla predicazione dell’Apostolo a tutti i non israeliti (“tutti i pagani”). A questi pertanto è chiesta la adesione, anzi “la sottomissione”: se Dio si rivela, la risposta dell' uomo non può essere che incondizionata accettazione della sua autorità, la quale è autorità d’amore paterno, salvifico, che esclude in maniera assoluta ogni autoritarismo.
È il concetto di “fede”.
Da una tale consapevolezza non può che sgorgare dal cuore dell’Apostolo e quindi di ogni credente un inno di “gloria” intramontabile, “per tutta l’eternità”.
Una dossologia che si perfeziona e si definisce in un “Amen”, in tutta la pienezza del suo significato.
È noto che tale vocabolo ebraico – idiomatico – significa “è certo” , “è sicuro”, “è vero” ed equivale a formula di giuramento; se posto a conclusione di una invocazione, esprime il desiderio, l’auspicio, la fiducia e la certezza che si avveri quanto enunciato (per ciò si traduce anche “così sia”).
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