II Lettura di domenica 7 marzo 2021 - Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.
III Domenica di Quaresima (Anno B)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
1Cor 1,22-25
Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Di fronte ad una situazione di gruppi, i quali si richiamano, con partigianeria, a diversi predicatori, rivendicando la superiorità di uno sull’altro, in base a valutazioni umane, Paolo asserisce che la salvezza non è conseguente alla facondia dell’evangelizzatore, ma alla realtà della Crocifissione di Cristo. Essa quale si presenta contrapposta ad ogni tipo di ragionamento umano, un autentico paradosso, mediante il quale Dio rivela che Egli opera al di là e al di sopra dei mezzi umani e dimostra quindi inutile, inadeguata la saggezza umana rispetto alla salvezza.
L’Apostolo, in precedenza, ha spiegato la scelta di Dio, il suo itinerario: “Dio si è manifestato all’umanità anzitutto nella sua creazione dandole così la possibilità di conoscerlo. Ma la sapienza umana non ha fatto retto uso di tale possibilità. In un primo momento, quindi, Dio stesso ha percorso la via della rivelazione mediante la sapienza. Quando però l’umanità non comprese la sapienza di Dio, egli ha scelto la via opposta, quella della rivelazione nella follia. Gesù che muore sulla croce è la rivelazione della volontà salvifica divina, la quale tuttavia appare all’uomo una follia ed esige quindi la decisione della fede” (H. D. Wendland).
L’evangelizzazione ha lo scopo di “predicare Cristo crocifisso”, fonte unica di salvezza. Ciò può suscitare – e di fatto suscita – “scandalo” ed essere valutato “stoltezza”.
Se ne scandalizzano i Giudei, radicati in una concezione di Dio, che dovrebbe manifestarsi esclusivamente nella potenza, nella gloria, quindi con straordinarietà di segni e di avvenimenti (“i Giudei chiedono i miracoli”). Un Dio umiliato, condannato al patibolo, non risponde a tale loro paradigma e pertanto non è credibile; sta scritto, infatti, nel Deuteronomio: “maledetto l’ uomo che pende dal legno” (Dt 21,23).
I Greci, da parte loro – e tutti coloro, i quali pretendono spiegare tutto, esclusivamente, con i canoni della ragione – esigono che Dio si riveli, in maniera tale, da essere pienamente compreso dall’intelletto umano, con assoluta evidenza. Conseguentemente, una manifestazione di Dio, che sia in contrasto con i parametri umani, non può generare che una valutazione di “stoltezza”, quindi di rigetto.
Per chi non si affida ai propri criteri, bensì a quelli divini – imperscrutabili, ma assolutamente infallibili – la salvezza per mezzo della Croce rivela invece, proprio per la sua paradossalità, tutta “la potenza e la sapienza di Dio”.
Paolo diventa lapidario: “la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più forte, degli uomini”. Ciò l’uomo giudica stoltezza, è, nelle iniziative di Dio, infinitamente più sapiente di quanto possa escogitare tutta la sapienza umana; e ciò che, secondo i criteri terreni, è umiliazione e “debolezza”, se assunto da Dio, acquista una potenza, che sorpassa ogni possibilità umana.
La misura della divinità e della gratuità della salvezza, offerta da Dio all’uomo, è data dall’assoluto superamento di ogni criterio umano, dalla completa paradossalità, la quale, se accolta, rende meritoria e ragionevole – non assurda – la fede.
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