II lettura di domenica 23 febbraio - Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
VII Domenica del Tempo Ordinario (anno A)
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Già la comunità dei credenti è stata definita da Paolo “campo di Dio, costruzione di Dio” (v. 9). Perfezionando il concetto con calore richiama i battezzati alla consapevolezza della loro dignità: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.
Si tratta non di un paragone, ma di una realtà: il battezzato è un consacrato a motivo della presenza in lui dello Spirito di Dio, ossia della energia vitale, santificante di Dio.
È possibile intravedere un riferimento al primo tempio di Jahvè, la “Tenda del convegno” nel deserto, nei giorni dell'Esodo sulla quale, mediante la nube, si manifestava la “gloria”, cioè la presenza di Dio.
II battezzato è “tempio” della vita divina. Dio è santità, che santifica e non sopporta profanazioni, inquinamenti mondani. Chi si rende responsabile di profanazione, di peccato, (qualsiasi peccato, comprese le divisioni e le fazioni, che inquinano la comunità di Corinto), è destinato alla “distruzione”.
La Chiesa dunque non è un insieme di persone associate, un’ideologia, ma una realtà sacra.
Le ideologie appartengono alla “sapienza del mondo”. Questa, anche la più elevata, di fronte alla “sapienza di Dio” è “stoltezza”.
È ancora un ammonimento a diffidare delle sole argomentazioni umane di fronte al problema della salvezza, che Paolo convalida con la citazione di due espressioni dell'Antico Testamento (Gb 5,13 e Sl 94,11), che sottolineano l'assoluta superiorità di Dio rispetto alla “sapienza del mondo”, all'astuzia umana. Allora motivo di vanto per il cristiano, non è l'aver avuto l'annuncio di Cristo e aver ricevuto il Battesimo da un apostolo più che da un altro, ma essere “tempio di Dio”, perché il battezzato è “di Cristo e Cristo è di Dio”: un’appartenenza ineffabile. Affascinante.
È questa la grande dignità, la gloria dell'uomo redento.
I predicatori (“Paolo, Apollo, Cefa”) sono soltanto ministri, cioè servi, di Dio e dell'uomo (“sono vostri”); così il resto della realtà mondana, “il mondo, la vita la morte, il presente, il futuro”: tutto è in funzione di questa dignità, tutto conseguentemente deve essere vissuto in piena coerenza con essa.
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