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La vocazione industriale di Genova

L’Italia manufatturiera sembra lasciare il posto all’Italia turistica

In questo periodo estivo in cui le temperature toccano vertici inusitati, i media dedicano quotidianamente ampio spazio al turismo, alle località di vacanza e alle interviste “ai vacanzieri”.
In questo clima che toglie visibilità a tanti importanti aspetti della vita reale, merita particolare apprezzamento l’iniziativa intrapresa dai sindacati metalmeccanici i quali hanno organizzato uno sciopero su scala nazionale articolato in giorni diversi nelle varie regioni. Venerdì 7 luglio lo sciopero ha coinvolto le aziende genovesi con grande partecipazione dei lavoratori. È stato un segnale forte da parte dei metalmeccanici che chiedono al Governo tavoli per definire piani di sviluppo per tutta l’industria.
A Genova al corteo unitario ha preso parte il Segretario generale della Fim Cils, Roberto Benaglia, per sottolineare l’importanza dell’iniziativa e il ruolo di Genova nel contesto industriale del Paese.
"Ho scelto di venire a Genova – ha spiegato Benaglia – che è l'emblema di un passato glorioso ma, soprattutto, di un futuro da riconquistare. Non c’è futuro senza l’industria metalmeccanica - ha aggiunto Benaglia - è assolutamente indispensabile che al nostro settore venga garantito un futuro e che dentro le transizioni in atto da quella energetica e green a quella digitale si rilancino le imprese e il lavoro”.

Il depauperamento dell’industria manifatturiera italiana è stato ampiamente studiato dal sociologo Luciano Gallino nella sua opera “La scomparsa dell’Italia industriale” dove ricorda che, nel corso della campagna di privatizzazioni iniziata nel 1992, vengono ceduti ad imprese estere pezzi pregiati delle partecipazioni statali cui hanno fatto seguito dismissioni e riassetti societari di aziende strategiche, che hanno portato ad una diminuzione del peso dell’industria italiana nel mondo, abdicando alla tutela del patrimonio tecnologico nazionale. Nulla è valsa la presenza di risorse umane altamente qualificate con alle spalle anni di formazione, in grado di rendere l’industria italiana competitiva per capacità e innovazione. Tutto questo definito come “nuove prospettive di sviluppo e crescita”.

Ripetutamente Confindustria, a livello locale e nazionale, ha dedicato e dedica particolare attenzione al problema. Nell’assemblea pubblica di Confindustria Genova del 2018, tenutasi presso lo stabilimento Ansaldo Energia di Campi, il Presidente nazionale Vincenzo Boccia affermava che la questione industriale non è “la questione degli industriali, ma di un grande Paese come il nostro, all’interno di un’Europa che non ha materie prime e non ha fonti energetiche”.
Sempre secondo Boccia “L’industria che c’è oggi è frutto di sacrifici, di impegni, di rischi degli imprenditori e dei lavoratori italiani. Se si prescinde da questo, come se l’industria fosse una questione di magia e di fortuna, evidentemente si sbaglia sui fondamentali dell’economia del Paese”. Ci auguriamo che le richieste del sindacato possano trovare pronta ed adeguata risposta da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy colmando la nota carenza di politica industriale che da anni penalizza il nostro Paese con grave danno per il Bene comune.

Fonte: Il Cittadino
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