Debito pubblico e povertà in aumento
L’Italia affronta la ripresa dopo la pandemia con un pesante fardello
Con l'ultima diffusione dei dati sulla povertà, Istat certifica che nel 2020 due milioni di famiglie si sono trovate in povertà assoluta e cioè senza avere la possibilità di sostenere le spese essenziali non per una vita dignitosa ma per la sopravvivenza e senza riuscire a soddisfare i bisogni legati al cibo, all'affitto, al riscaldamento e all'abbigliamento. Nel 2005, data di inizio della serie storica sulla povertà elaborata dall'Istat, le famiglie che si trovavano in questa situazione erano 819mila e rispetto al 2019 l'aumento è stato di 333mila nuclei.
Gli italiani che si trovano in questa situazione estrema sono ora 5,6 milioni ed al Sud rappresentano il 9,4% dell'intera popolazione. L'Istituto di ricerca evidenzia anche come ben due terzi delle 333mila nuove famiglie piombate in questo dramma vive al Nord ed in particolare nell'area del Nordovest con oltre 157mila unità.
Purtroppo non si tratta di una sorpresa dato che da tempo il Nord è diventato la nuova frontiera della povertà con un numero sempre maggiore di lavoratori con paghe basse, contratti incerti e part-time molto ridotti che non sono in grado di avere i mezzi minimi necessari per il sostentamento di una famiglia. L'Istat individua anche un altro aspetto molto preoccupante rappresentato dall'aumento dei costi contemporaneamente alla maggiore incertezza del reddito da lavoro, con un fabbisogno minimo mensile per una famiglia di quattro persone al Nord di 1.438 euro nei piccoli comuni e di 1.512 nelle periferie delle grandi città (contro un dato di quindici anni fa che si fermava rispettivamente a 1.100 e 1.300 euro ed al Sud di 1.281 e 1.368 euro contro i vecchi 1.000 euro).
Il numero dei minori caduti in povertà è arrivato al record negativo di 1,3 milioni ed il 13,5 % degli under 18 in Italia è povero assoluto; paradossalmente emerge che le famiglie che riescono a resistere e condurre una vita dignitosa sono quelle caratterizzate dalla presenza di almeno un anziano che può garantire un'entrata stabile con la sua pensione erogata peraltro da uno stato con un debito pubblico così elevato che non si sa neppure fino a quando sarà in grado di garantire il regolare pagamento mensile di quanto dovuto. Si tratta di un mondo capovolto dove chi è giovane e dovrebbe sostenere le generazioni che lo hanno preceduto e sono ora fuori dal mondo del lavoro sopravvive invece grazie a sussidi ed all'aiuto degli anziani. Al festival dell'Economia che si è tenuto recentemente a Trento, tutti gli intervenuti hanno evitato di parlare del tema più importante per il nostro paese, come se i vincoli di bilancio legati al debito pubblico non esistessero ed anzi ci fosse quasi un esplicito invito a violarli, spingendo l'Unione europea a continuare ad emettere propri titoli anche dopo l'emergenza sanitaria legata alla pandemia spendendo molto di più delle entrate. Purtroppo c'è troppo ottimismo sulle politiche espansive delle Bce e sulle stime di crescita in uno scenario di forte stress che potrebbe rapidamente cambiare.
C’è la ragionevole certezza che la Bce, esauriti i 700 miliardi di euro di acquisti residui da qui al marzo 2022, sotto la pressione della Germania e dei paesi del Nord, non rinnoverà a scadenza i titoli che detiene. L'altro grande problema per l'Italia è il debito pubblico, che è ormai saldamente attestato intorno al 160 % del reddito nazionale, con una quota di un terzo detenuto dalla Banca centrale europea su cui non paghiamo interessi. Un piccolo aumento dei tassi porterebbe il disavanzo oltre questa soglia e diventerebbe a quel punto impossibile rassicurare i mercati che, superata la fase emergenziale legata alla pandemia da Covid19, pretenderanno che i paesi debitori si siano incamminati in un percorso virtuoso che possa riportare il debito pubblico a livelli ragionevoli e sostenibili. Con la prima emissione di Eurobond decennali destinati a finanziare il Next Generation Eu da 750 miliardi di euro che hanno riscosso un successo straordinario con richieste per 142 miliardi a fronte dei 20 offerti nonostante un tasso di interesse sotto lo 0,1 %, è necessaria la massima coesione di tutte le forze politiche che sostengono la maggioranza per offrire al premier Mario Draghi ed ai suoi ministri il massimo supporto indispensabile per rendere efficace la loro azione e non è più tollerabile assistere a quanto recentemente accaduto con le nuove fibrillazioni provocate da Giuseppe Provenzano, vice di Enrico Letta, che ha contestato alcune scelte del premier Draghi accusandolo di avere nominato dei "Liberisti anti spesa pubblica" in modo estemporaneo e molto pericoloso. E' prioritario abbandonare le strategie e gli interessi di partito in favore del bene pubblico e di tutti i cittadini altrimenti sarà impossibile attuare le grandi riforme e conseguentemente entrare in possesso delle risorse messe a nostra disposizione dall'Europa.
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