Commemorazione dei Defunti, uno sguardo verso il dopo
Importanza della celebrazione di questa liturgia
Dopo essersi rallegrata con coloro che hanno raggiunto la beatitudine eterna e che vedono la maestà e la gloria di Dio in Cielo, la Santa Madre Chiesa prega il 2 novembre per tutti coloro che nelle sofferenze purificatrici del Purgatorio aspettano il giorno in cui potranno congiungersi con l’assemblea dei Santi in Paradiso. Mai, nella liturgia, si afferma in modo più vivo e nitido la misteriosa e stretta unione che esiste tra la Chiesa trionfante, la Chiesa militante e la Chiesa sofferente o purgante come in questo giorno; mai si compie in modo più tangibile il duplice dovere di carità e di giustizia che deriva, per ciascun cristiano, dalla sua incorporazione al corpo mistico di Cristo.
La Chiesa in questo giorno ci porta a meditare sui Novissimi e ad abbandonare espressioni e slogan del tipo “Tutti andremo in Paradiso” o “L’inferno non esiste come realtà concreta” molto in voga anche tra i credenti.
Se così fosse la comunione dei Santi, i meriti e i suffragi degli uni applicati agli altri attraverso la preghiera della Chiesa, i fiori che portiamo al cimitero in questi otto giorni, le candele e le Sante Messe insieme alle indulgenze parziali e plenarie per chi visitale tombe dei propri cari, alle elemosine e ai sacrifici dei suoi figli che offrono a Dio i meriti sovrabbondanti di Cristo e delle sue membra sarebbero vane.
La commemorazione dei Defunti ci richiama a questo sguardo verso il dopo e a non vivere questi riti e liturgie come superstizioni. Se realmente vissuta per ciò che rappresenta dai primi tempi della Cristianità con data fissa a partire dal V secolo e con una propria liturgia, essa ci chiama a realtà fondamentali per la nostra esistenza. Facendo memoria dei defunti, infatti, in particolare alle pratiche che la Chiesa da due millenni insegna attraverso la dottrina e la liturgia ecco che scopriamo quanto in realtà da noi non possiamo fare nulla e quanto sia nitida la vera natura di Dio, giudice giusto, salvatore e redentore di tutta la nostra storia e di tutto il nostro avvenire.
Se a mente portassimo questo e avessimo nel cuore la realtà del Memento Mori, delle parole struggenti del Dies Irae, del Requiem Aeternam, che raccontano da sempre la condizione antropologica di ogni uomo, probabilmente saremmo in grado di comprendere fin da subito quale sarebbe il nostro destino, chi sarebbe Dio per l’umanità e quali responsabilità religiose, civili, politiche e sociali abbiamo ognuno verso se stessi e verso il prossimo.
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