Vivere
Un film di Francesca Archibugi
Siamo a Roma; in una villetta a schiera vive la famiglia Attorre: Luca Attorre è un giornalista free lance, ed è al suo secondo matrimonio con Susi, la quale insegna danza. Luca e Susi hanno una figlia, Lucilla, una ragazzina che soffre di asma. L’equilibrio, apparente, della famiglia esplode con l’arrivo di Mary Ann, la ragazza alla pari, irlandese, che diventa oggetto di mire sia da parte di Luca che di suo figlio Pier Paolo, nato dal primo matrimonio.
Francesca Archibugi ha dichiarato, riguardo al film, che “le famiglie sono il cuore della società, anche se quelle mononucleari sono sempre meno”. Si tratta di una premessa doverosa perché non è la prima volta che la Archibugi affronta questo tema. Forse molti ricorderanno proprio il suo primo film “Mignon è partita” del 1988 e in cui, come in “Vivere”, abbiamo una famiglia, vista però dalla parte degli adolescenti. Anche lì vi era un personaggio che arriva dall’estero, ma mentre in “Mignon è partita” il film raccontava le difficoltà o la spavalderia degli adolescenti, in “Vivere” il risultato non è proprio ben riuscito. Infatti, non solo abbiamo qui una sceneggiatura piuttosto frammentata e personaggi stereotipati (con una Micaela Ramazzotti per l’ennesima volta nei panni della romana di borgata), ma soprattutto è la famiglia stessa a presentarsi, come si usa dire oggi, “disfunzionale”. Dunque non è ben chiara, a questo punto, la dichiarazione della regista: infatti, ci si chiede se l’intento è quello di far notare che la famiglia mononucleare è meglio? O forse non si può fare altro che accettare quel che succede, mettendo in mostra tutto ciò che non va? Insomma, dalla Archibugi ci si aspettava un film migliore con uno sguardo più attento e più profondo su un tema così delicato come può essere quello sulla famiglia, anche su quella non “mononucleare”.
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