Immaturi
In "Immaturi" il regista Paolo Genovese racconta il disagio di un gruppo di quasi quarantenni che si ritrovano a dover sostenere nuovamente l'esame di maturità. Da questo spunto Genovese parte per descrivere lo stato sentimentale di uomini e donne contemporanei, pieni di paure, insicurezze, piccoli vizi e qualche virtù. C'è l'eterno bamboccione che non vuole lasciare la casa dei genitori, l'affermato psichiatra che non sa se vuole diventare padre, la madre single che ha una figlia più matura di lei, l'incallito playboy che racconta solo bugie, la chef che non sa come controllare i suoi impulsi verso gli uomini: tutti sono alla ricerca di un equilibrio, della felicità e dell'amore. Grazie ad un cast affiatato, la pellicola si muove veloce tra situazioni comiche e momenti divertenti, senza cedere mai alla volgarità gratuita. E su tutto domina un'atmosfera di malinconia. Certo il film non conosce il graffiante umorismo della commedia all'italiana degli an ni Sessanta, qui domina un tono più pacato e conciliatorio. Ma la pellicola è comunque un gradevole ritratto di una certa realtà contemporanea, l'istantanea, magari non troppo approfondita e precisa, di un generale disagio: quello di una generazione di uomini e donne che non si sentono mai in grado di diventare adulti. Un antidoto a tutta questa confusione, ci suggerisce il film, è l'amicizia, l'affidarsi agli altri, il fidarsi degli altri, formando una sorta di famiglia "allargata" in cui sentirsi amati e protetti.
Ecco, allora, che il film racconta uno dei grandi problemi della nostra contemporaneità atomizzata e desocializzata: la mancanza delle "agenzie primarie", dalla famiglia alla scuola, la cui assenza ha causato e causa un vuoto profondo difficile da colmare. Gli immaturi, viziati ma simpatici, di Paolo Genovese ci raccontano, perciò, il bisogno di ritrovare legami affettivi forti (che magari fanno paura ma che sono necessari) su cui gettare le basi per il nostro futuro.
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