Il premio
Un film di Alessandro Gassman
Giovanni Passamonte è uno scrittore italiano che viene insignito del premio Nobel. Tuttavia l’atavica paura di volare non gli permette di prendere l’aereo per andare a ritirarlo e decide così di intraprendere il viaggio verso Stoccolma in auto. Oltre al fidato assistente Rinaldo, con lui ci sono anche due figli: il personal trainer Oreste e la blogger Lucrezia, decisa a documentare tutto il viaggio con la sua go-pro. Tappa dopo tappa, l’incontro con personaggi curiosi e con figure che tornano dal passato permette ai quattro viaggiatori di conoscersi veramente.
Mettendo insieme il grande cinema d’autore con la commedia all’italiana, ovvero il Bergman de Il posto delle fragole con il Sordi/Verdone de In viaggio con papà, per la sua opera seconda (a cui bisognerebbe aggiungere anche la coregia, firmata con il padre Vittorio, di Di padre in figlio, 1982) Alessandro Gassmann intraprende un vero e proprio viaggio sostenuto da una duplice direttrice, narrativa e autobiografica. Se infatti la costruzione drammaturgica è di matrice classica, laddove a ogni tappa corrisponde un episodio pronto a modificare i personaggi e le reciproche relazioni, nel loro percorso esistenziale si intravedono i riflessi delle persone che li animano. In particolare la figura del padre di Gassman, Vittorio, incarnata da un Gigi Proietti in grado di restituirne le spigolature e gli istrionismi, il cinismo e la generosità con misura e affettuosa attenzione.
Quella di Vittorio/Giovanni Passamonte è dunque non solo la figura centrale de Il premio, ma anche una presenza/assenza che finisce per incidere nel bene e nel male sul film, e comunque profondamente sull’itinerario narrativo ed esistenziale dei protagonisti. Da un lato infatti lo Stationendrama costruito dalla sceneggiatura (firmata dallo stesso Gassmann insieme a Massimiliano Bruno e Valter Lupo) appare prevedibile e con qualche evitabile cliché, dall’altro la regia trova la giusta misura dello sguardo con cui osservare se stesso e i propri personaggi. Come la duplice direttrice da cui è animato, Il premio ha una curiosa e intrigante ambivalenza che, se da una parte lo fa essere non del tutto risolto dal punto di vista espresso, dall’altra esprime tutta la sincera e vibrante necessità di un percorso di (ri)scoperta del Padre che è anche un tortuoso viaggio verso l’origine.
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