Diplomacy
Parigi, la notte tra il 24 e il 25 agosto del 1944: per punire i francesi che aspettano la liberazione e la fine dell’occupazione tedesca, Hitler dà l’ordine di distruggere la città. Nell’albergo dove risiede il quartier generale nazista, il generale Dietrich von Choltitz ripassa il piano che prevede di far saltare tutti i ponti sulla Senna, la Cattedrale di Notre Dame, il Louvre, l’Opéra…Ma imprevedibilmente compare sulla scena delle operazioni, Raoul Nordling, console svedese nato e cresciuto a Parigi, per convincere il generale von Choltiz a non eseguire l’ordine del Furer.
Ben tornato, Volker Schlöndorff! Nato nel 1935 a Wiesbaden e trasferitosi a Parigi per frequentare l’Istituto di cinematografia, Schlöndorff è stato tra i fautori della rinascita del cinema tedesco negli anni ’70, con Werner Herzog, Margarethe Von Trotta. Nei suoi film troviamo spesso una propensione per opere letterarie e proprio con “Il tamburo di latta” tratto dal libro di G. Grass vince la Palma d’Oro a Cannes, poi l’Oscar. Soprattutto, nelle sue opere troviamo una grande attenzione per temi etici e morali. “Diplomacy” ne è un esempio. I libri di storia non riportano cosa si dissero quella notte il console e il generale, ma il regista immagina il dialogo che porta al momento della responsabilità, in cui la scelta diventa irreversibile, un dilemma morale tra essere un “uomo” nel senso più alto, con una coscienza o un individuo privo di ogni scrupolo. Il momento in cui si decide "il limite oltre il quale l'obbedienza smette di essere un dovere" anche in guerra. Il regista si è ispirato ad una pièce teatrale, non pensiamo però ad un film di impostazione statica, poiché la narrazione si snoda tra ciò che avviene in quella stanza (grande prova di talento da parte dei due attori protagonisti), i soldati che si apprestano a far saltare Parigi, le notizie che giungono dai fronti. A coronare, vi sono immagini di repertorio. Tutti sanno ciò che è poi successo all’alba del 25 agosto del 1944, eppure si rimane coinvolti fino all’ultimo. Non manca alla fine un senso di commozione per la soluzione che tutti conosciamo: le vite risparmiate, la città salva. E noi oggi possiamo ancora ammirare Notre Dame, il Louvre, i viali lungo la Senna.
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