Al cinema - E’ stata la mano di Dio
Il film di Claudio Sorrentino
“La macchina da presa compie un passo indietro per far parlare la vita di quegli anni, come li ricordo io, come li ho vissuti, sentiti”. Così il regista Paolo Sorrentino chiarisce subito il perimetro del racconto, lo sguardo con cui ha ideato e sviluppato “È stata la mano di Dio”. Non un film su Maradona, che in verità troneggia sullo sfondo della vicenda e ne rappresenta il filo rosso, bensì un omaggio brillante e dolente alla città di Napoli, alla propria terra, raccontata sul fiorire degli anni ’80.
Sorrentino mostra la città con i suoi occhi, mescolando ricordi a scene oniriche, istantanee impietose dai contorni grotteschi a lampi di raffinata poesia visiva.
La storia: Fabio, detto da tutti Fabietto (Filippo Scotti), è sul crinale tra l’adolescenza e la vita adulta. Vive in una famiglia media napoletana segnata da amore, tanto amore, come pure allegrezza. Nonostante gli immancabili contrasti, il bilancio familiare è comunque positivo. La vita del giovane cambia con l’arrivo di Maradona, che coincide anche con una forte frattura nel tessuto familiare…
Diciamolo subito, “È stata la mano di Dio” è un film riuscito ed emozionante.
Il regista, quasi in maniera spiazzante, regala un’opera che mescola leggerezza, raccordi brillanti, con inquietudini esistenziali di forte intensità. Al centro dell’opera c’è il viaggio di un giovane nelle praterie della vita adulta, un racconto di formazione che passa dai toni scanzonati tipici dell’estate ai chiaroscuri del mondo adulto. Sorrentino ci racconta una storia circoscritta che sembra sconfinare anche nel proprio personale, nella propria autobiografia; il tutto però alla maniera di Sorrentino, con quel suo stile visivo che tanto richiama la poetica di Fellini. Non a caso nel film troviamo disseminate molte istantanee felliniane: dall’erotismo onirico delle figure femminili alle riflessioni sul sacro, fino all’esplicito omaggio al finale dei “I vitelloni” (1953).
“E proprio il tema del viaggio felliniano si intreccia con l’opera e la biografia di Sorrentino” – sottolinea Massimo Giraldi, presidente della Commissione film della Cei e giurato Signis al Festival – “Fellini ha infatti raccontato in più di un’occasione la sua venuta a Roma, la scelta di fare cinema nella Capitale, conservando però la memoria delle sue radici. E così fa Sorrentino, tratteggiando la storia di Fabietto che si aggrappa al cinema per sopravvivere; sceglie di andare a Roma in cerca di futuro, ma sente sempre gli echi di Napoli nell’animo. Nel raccontare questa metamorfosi il regista mette in atto uno stile dalla potenza visiva forte e incisiva, quasi innovativa rispetto al suo passato, dando modo di intendere che il suo è un cinema capace di continui cambiamenti e innovazioni”.
“È stata la mano di Dio” è un film che mostra grande atmosfera e intensità, così come raccordi da commedia brillante di matrice eduardiana, impreziosito da una carrellata di attori partenopei di primo piano: Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Renato Carpentieri, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo ed Enzo Decaro.
Bello, coinvolgente, a tratti struggente, “È stata la mano di Dio” dal punto di vista pastorale è consigliabile, problematico e per dibattiti.
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