Genova e Liguria
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L’impegno del CEIS nella lotta alle dipendenze

Intervista al Presidente Enrico Costa, che racconta l’operato dell’ente

L’impegno del CEIS nella lotta alle dipendenze

È nata a Genova Il Timone, prima comunità terapeutica residenziale in Liguria per minori e adolescenti con problemi di dipendenza; la gestione è stata affidata al Ceis: ne abbiamo parlato con Enrico Costa, ponendogli alcune domande più generali sul tema della dipendenza.
Il Timone è una struttura necessaria per rispondere a un’esigenza che il Ceis sottolineava da tempo. Come siete arrivati alla nascita di questa comunità?
Si è trattato di un percorso ragionato con le istituzioni (Sert, Alisa e Salute Mentale); i giovani purtroppo devono confrontarsi con pressioni molto forti da parte delle dipendenze che rappresentano un’attrazione diabolica; il fenomeno sta assumendo dimensioni notevoli e in età sempre più giovane, a partire dagli 11 anni; sembra che nelle scuole medie almeno un quarto dei ragazzi ne abbiano già fatto uso.
Era necessario un intervento specifico preparato proprio per i giovani, distinto dagli interventi in comunità con persone che hanno magari decine di anni di uso di sostanze alle spalle. I giovani hanno bisogno di affrontarsi tra di loro e sostenersi. La comunità terapeutica è solo una parte del programma per affrontare la dipendenza; c’è infatti una parte preventiva, un intervento educativo e un percorso di reinserimento sociale, legato alla scuola e alle prospettive di lavoro.
Tutto questo ha portato a caldeggiare con le istituzioni la nascita di una comunità specifica con un intervento mirato. È partita poi la ricerca dei fondi per la quale è stato necessario parecchio tempo.
Presentando il bilancio sociale lei ha sottolineato come la vostra priorità sia stata con la pandemia quella di evitare al massimo la diffusione dei contagi nelle vostre strutture. Con ottimi risultati! Come ci siete riusciti e come l’emergenza sanitaria ha influenzato il vostro impegno nei vari settori?
Quando si è accesa la pandemia, la prima cosa a cui abbiamo pensato è stata la protezione dei ragazzi ospiti sia delle comunità terapeutiche sia di quelle richiedenti asilo.
Abbiamo adottato procedure rigidissime per realizzare una sorta di ‘clausura’ per gli ospiti e evitare che gli operatori sanitari potessero portare il virus. I ragazzi erano senz’altri più protetti.
Siamo stati anche molto attenti con i fornitori e devo dire che siamo stati premiati perché durante la prima ondata non abbiamo avuto contagi sia nelle comunità terapeutiche sia in quelle di richiedenti asilo. Tutto questo è stato possibile grazie a due valori fondamentali che animano la nostra attività: il senso della comunità, capire quindi che il proprio bene dipende da quello del prossimo e viceversa; il rispetto delle regole che è alla base del percorso terapeutico. Insieme hanno portato a questo risultato.

Ogni settore di intervento è animato dal vostro cosiddetto ‘Progetto uomo’ che mette al centro la persona e la sua dignità. Di che cosa si tratta esattamente?
È nel dna del CEIS, in tutto il mondo. E’ una metodologia creata 50 anni fa negli Stati Uniti; in tutte le comunità si recita la stessa promessa di riprendere in mano la vita senza farsi condizionare dalle dipendenze e da fattori esterni che possono essere nocivi. Ci si impegna a lavorare su stessi, in comunità. Ci sono poi delle regole di comportamento quotidiano molto semplici, come imparare ad alzarsi da soli, farsi il letto, contribuire alla vita della comunità con turni di lavoro. I pilastri per il progetto uomo per la parte terapeutica sono tre; il primo è che si tratta di un progetto volontario, non obbligato; il secondo è essere ‘a tempo’ perché l’obiettivo è il reinserimento nella società; il terzo riguarda il contesto sociale e famigliare: bisogna avere presente che si vive sempre in relazione con la famiglia e con il mondo con cui ci si deve confrontare quando si esce dalla comunità. Tutto questo per arrivare a riappropriarsi della propria vita.

La lotta a una terribile dipendenza vi sta particolarmente a cuore, ovvero quella dal gioco d’azzardo; quali sono i progetti e le modalità di intervento che avete messo in atto per affrontarla?
Quella del gioco d’azzardo è un fenomeno diabolico purtroppo molto attraente. Ha presa sia sui giovani sia sugli adulti e quindi gli interventi sono differenziati a seconda delle fasce di età. Per i giovani cerchiamo di intervenire nelle scuole con messaggi educativi mirati a far capire quali sono i valori fondanti della vita e spiegando che i giochi si pagano anche quando sembrano innocenti.
Ci sono poi per i casi più significativi i colloqui che affrontano il problema ‘a tu per tu’ fino ad arrivare a interventi comunitari che sono rivolti soltanto agli adulti. In questo campo ci stiamo muovendo ancora su base sperimentale, anche gli interventi del governo sono ancora su base progettuale. Ci si augura che prima o poi arrivino ad essere interventi istituzionali per affrontate un problema così devastante per la vita di chi ne è vittima e per tutta la famiglia.

Il Ceis, nato a Genova nel 1973 per volontà di sua madre Bianca, è una delle realtà territoriali che mostrano quanti sia grande l’attenzione della città per la solidarietà e la prossimità ai più bisognosi; a fronte di una nomea che presenta Genova come città avara e fredda. Qual è la sua visione in questo senso di Genova? Ritiene che il progetto di sua madre sia cresciuto sempre di più in questi decenni?
Chi ritiene Genova una città fredda e avara non ne conosce davvero la storia. Genova ha radici etrusche, la figura materna è fondamentale, è protettiva e accogliente e questi sentimenti sono dentro al dna della città.
L’altro caposaldo della città è la solidarietà sociale, intelligente e laica che la Chiesa sostiene; l’inclusione delle persone e di tutti i componenti della città sono nel lungo periodo una forza e quindi un bene comune.
Dal 1200 in poi c’è stato un intervento dettato da una intelligente visione che ha dato la possibilità a tutti di esprimersi e di dare il proprio contributo alla città. Se pensiamo al Galliera, all’Albergo dei poveri, alle opere di Ettore Vernazza... sono tutte donazioni di persone semplici e comuni cittadini.
La Chiesa è stata un’anima in più che si è inserita su un sentimento consolidato già nello stato civile.
E’ nata la San Vincenzo già 50 anni fa! Il tessuto dell’associazionismo genovese è ricchissimo, secondo i vari bisogni che la città esprime. Sono stati la forza che nella pandemia ha aiutato a sostenere Genova e ci fa dire che nessuno è stato lasciato indietro! Ovviamente le istituzioni pubbliche hanno aiutato tantissimo, ma mi piace dire che il tessuto delle associazioni del terzo settore, civili, laiche e religiose hanno interpretato la loro missione in modo egregio. Siamo orgogliosi come CEIS Genova di essere parte di questa attenzione e di questo movimento di solidarietà.
Per quello che riguarda il CEIS Genova, oggi la missione è più articolata rispetto a quella originaria, anche se il settore delle dipendenze rimane comunque il focus principale. Si è ampliata nell’accoglienza dei richiedenti asilo, sia minori sia adulti. Per i minori si tratta di un percorso educativo e formativo per far si che siano integrati con i nostri giovani; per gli adulti l’obiettivo è dare loro una dignità civile e lavorativa, pur con le difficoltà della lingua e del mestiere. Comunque devo dire che i ragazzi sono stati sensibili ad essere accompagnati in un percorso di crescita. L’attenzione sociale da parte nostra è in costante aumento; il Comune e la Regione stanno guardando sempre più agli enti del terzo settore come contatto reale con le persone e i bisogni. La parte educativa, anche verso i giovani della città, è un’attenzione verso cui ci sentiamo votati. Il gioco d’azzardo è un’altra nostra priorità e c’è poi un intervento di tipo culturale che stiamo cercando di sviluppare favorendo occasioni di riflessione su alcuni temi che ci stanno a cuore.
Ogni trimestre pubblichiamo la rivista L’Abbraccio su un tema specifico con il contributo di esperti, ma anche con il racconto di esperienze comuni; ci stiamo impegnando molto su questo e ci auguriamo che arrivino i ritorni in ambito educativo e di miglioramento del bene della città.

Fonte: Il Cittadino
L’impegno del CEIS nella lotta alle dipendenze
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