Formazione politica, incontro con Adriano Patti
Un approfondimento su democrazia e partecipazione verso la Settimana sociale dei Cattolici
Nell'ambito del Percorso diocesano di Formazione Politica alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, lunedì 22 gennaio è intervenuto Adriano Patti, genovese, giudice della Corte di Cassazione.
Il suo intervento, che si colloca in vista della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani a luglio 2024, ha messo in risalto il ruolo della democrazia, della partecipazione e della responsabilità per il bene comune.
Lo abbiamo incontrato prima della sua conferenza.
Nell’intervento che tiene in occasione del percorso di formazione politica, Lei parla della democrazia come responsabilità di custodia e di partecipazione di tutti. Qual è la principale minaccia della democrazia e cosa intende in particolare con la parola custodia?
Mi sembra importante chiarire che la democrazia, per come la intendiamo noi, si esprime in uno Stato costituzionale di diritto, articolato nella separazione e nell’autonomia dei poteri, che garantisca i diritti fondamentali della persona, il rispetto della sua dignità e libertà, i diritti sociali e la giustizia. Non è pertanto un regime di governo che si mantenga da sé, semplicemente per essere stato acquisito (anche se mai in modo pieno) una volta per tutte. Al contrario, deve essere coltivato, in modo consapevole e responsabile. Se ne comprende, allora, la “fragilità” costitutiva, al tempo stesso qualità “preziosa”, che esige l’impegno costante di ogni cittadino: questo intendo per “custodia”.
Non è parola declinata in un’accezione securitaria, di muro eretto a “protezione da” o, peggio, di “difesa contro”; anzi, piuttosto di cura attenta e delicata, come si dedica alle cose che stanno a cuore, per preservarne il valore. E la custodia richiede attenzione vigile e critica, partecipazione responsabile, consapevolezza di una comunione di destino: per affrontare la minaccia incombente, che già si sta realizzando, di ripiegarci tutti nel nostro guscio individuale, di tendenziale autosufficienza, di indifferenza nei confronti di ciò che è pubblico, o comunque di interesse generale. Soltanto con la custodia si può contrastare un disinteresse che apre le porte a “lasciar fare” ad altri, a rinunciare all’esercizio dei diritti e dei doveri di cittadini, così consentendo una deriva pericolosa di progressiva perdita di libertà e di diritti, perché deposta in mani (e spesso in tasche) altrui, di impoverimento umano, prima ancora che sociale ed economico.
Il titolo della prossima settimana sociale che si svolge a Trieste è “Al cuore della Democrazia”. Ci può aiutare a comprendere dal suo punto di vista qual è il cuore della democrazia?
Credo che il cuore della democrazia sia garantire l’esercizio del potere, inteso come servizio competente e appassionato, del popolo, secondo l’etimologia della parola “demo – crazia”. Ma popolo, non nel senso degenerato da un “ismo” che lo blandisce riducendolo a massa anonima facilmente manipolabile, ma in quello suo proprio di comunità, che si riconosca in un’identità alimentata da legami sociali e culturali, faticosamente ma onestamente incamminata verso un progetto comune di bene, fecondo e generativo per tutti. Così anche lo intende Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”.
Alberto Macchiavello
L'intervista completa è disponibile su Il Cittadino N. 3
Sul canale YouTube de Il Cittadino è disponibile il video della conferenza di Adriano Patti
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