50ma Settimana Sociale. "La democrazia resta l’ideale a cui aspirare"
Ambiente, Convivenza, Giovani e formazione, Lavoro, pace, Welfare, Cultura e informazione: i sette ambiti dei gruppi di lavoro
C’è una cosa che stupisce chi segue con attenzione il lavoro delle delegate e dei delegati alla cinquantesima Settimana sociale dei Cattolici in Italia, ed è la doppia dimensione che si percepisce: alta e profonda, e al tempo stesso vasta, a perdita d’occhio.
La riflessione con cui Michele Nicoletti, oggi docente di Filosofia politica all’Università di Trento, ha concluso la relazione introduttiva alla prima assemblea plenaria, “La democrazia resta l’ideale a cui aspirare; occorre inchinarsi di fronte al mistero della coscienza umana che di fronte alle imposizioni esprime con gesti concreti il desiderio della libertà”, dice più di ogni altra considerazione quanto le Settimane sociali non facciano sconti: non esiste partecipazione alla vita sociale, associativa o istituzionale che non sia sostenuta dalla consapevolezza strutturata del suo valore. Per questo la prospettiva offerta ai delegati è alta: non riduce di un millimetro la posta in gioco, ossia la possibilità, nient’affatto scontata, di generare nuova linfa per il processo partecipativo, oggi troppo in affanno per non destare preoccupazione. “Il cuore della democrazia è democratizzare il presente: la partecipazione è lotta per la giustizia e i diritti”.
Un obiettivo alto, e al tempo stesso profondo, perché incarnato nelle dinamiche delle relazioni umane, prima ancora che istituzionali, come ha spiegato la docente di Filosofia teoretica Annalisa Caputo: il desiderio di una vita felice per sé, per gli altri, per le reti sociali e per le istituzioni si esprime compiutamente in una narrazione collettiva dove “ogni filo che manca è un buco sociale” e in stili di relazione semplici, di cura e di difesa dei focolai di partecipazione, di semina di parole e pratiche pienamente umane perché capaci di tessere, ad ogni livello.
Altezza e profondità di una riflessione che delegate e delegati non hanno scartato ma che hanno fatto propria, accogliendo la proposta di un lavoro a gruppi – cinquanta – e poi in gruppi ancora più piccoli che hanno messo a tema le sfide del mondo contemporaneo, in un dialogo serrato fra i partecipanti, partendo dalle esperienze di ciascuno e arrivando a individuare sollecitazioni concrete: costruire nuove identità sociali, parlare di politica ai giovani, usare linguaggi inclusivi, favorire il dialogo interculturale, impostare la formazione politica come tentativo pratico di generare azioni sociali, aprire luoghi di condivisione di prossimità, ridisegnare gli spazi urbani in maniera sostenibile, recuperare il ruolo dell’informazione per restituire la complessità dei processi in atto, aprire lo sguardo alle dinamiche europee ed internazionali. Il tutto moltiplicato per ciascuno dei sette ambiti tematici affrontati – Ambiente, Convivenza, Giovani e formazione, Lavoro, pace, Welfare, Cultura e informazione.
L’altezza della proposta, insomma, a Trieste si interseca con la larghezza dello sguardo che, alla sera, di fronte al tramonto sul mare di nord est, percorre l’orizzonte senza temere di partire, di mettersi in viaggio: perché l’esito del confronto su proposte e sfide è stato così ampio da non tralasciare nessuna delle molteplici crisi con cui oggi il Paese deve fare i conti, dall’ambiente al lavoro, dalle migrazioni all’astensionismo elettorale, dalla guerra all’innovazione tecnologica. Delegate e delegati hanno lavorato, insomma, nella consapevolezza dell’importanza del compito loro affidato dalla Chiesa.
Esistono percorsi possibili perché dall’analisi del presente emergano desideri di bene per tutti e azioni adeguate? A Trieste sembra proprio di sì. E il punto di partenza, l’altezza della proposta e l’ampiezza dell’analisi, sono senza ombra di dubbio la base solida per il fiorire di nuove forme partecipative.
Emanuela Castello
(Foto Siciliani-Gennari/SIR)
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