Centro di Solidarietà da 50 anni!
Enrico Costa: «Nel solco del lavoro di Bianca, attenzione alla persona e al coinvolgimento sociale»
Lunedì 6 maggio a Palazzo Ducale, nel Salone del Maggior Consiglio, il Centro di Solidarietà di Genova celebra i suoi primi 50 anni di attività con il convegno "Costruire il mondo nuovo: solidarietà, accoglienza e innovazione sociale". Un pomeriggio per condividere non solo quanto si fa, ma anche per portare un contributo di riflessione e di prospettiva rispetto al contesto attuale delle dipendenze, dell’immigrazione e dell’accoglienza.
Abbiamo incontrato Enrico Costa, Presidente del Centro di Solidarietà.
Il prossimo 6 maggio il CEIS celebra i suoi 50 anni di attività con un convegno che pone al centro tre temi che sintetizzano tutta la vostra storia: solidarietà, accoglienza e innovazione sociale. Ci racconta in sintesi l’azione di questa istituzione nata dall’intuizione straordinaria di sua madre Bianca?
L'impianto del nostro intervento è sempre lo stesso, ossia mettere al primo posto l'attenzione alla persona e il coinvolgimento sociale, ossia traguardare il reinserimento, andare oltre il disagio momentaneo. Questo significa che quello che Bianca aveva fatto cinquant'anni fa è di un valore altissimo perché vive nel tempo ed è identico dalla sua nascita, sempre valido.
Quello che è cambiato rispetto ad allora è il contesto sociale. Cinquant’anni fa il fenomeno delle dipendenze era un disagio individuale che affrontava solamente la persona singola, mentre oggi siamo di fronte ad un fenomeno di tipo sociale, che condiziona l'educazione, il futuro e la vita quotidiana di una di una generazione che è sempre più ampia. La tossicodipendenza un tempo riguardava ragazzi nell'età dell'adolescenza, oggi si manifesta subito dopo l'infanzia per arrivare anche a persone molto mature.
A questa differenza sostanziale da ieri a oggi, noi diamo però una risposta sempre identica. Bianca cinquant'anni fa aveva impostato il CEIS esattamente come funziona nella sua attività: attenzione alla persona, reinserimento sociale, coinvolgimento della società civile.
Aggiungo anche lo spirito di volontariato, di generosità immediata, che non è scontato, ma che è tipico dei genovesi di allora e dei genovesi di oggi, e che cerchiamo di mantenere sempre vivo. Il CEIS è nato da un’idea di Bianca Costa, un’idea supportata dalla sua spiritualità forte e dalla sua capacità e forza di volontà.
Come si immagina il CEIS fra cinquant’anni?
L’impianto è solido, ed è lo stesso da cinquant’anni; la professionalità degli operatori è adeguata per sostenere le persone nei disagi di oggi e in quelli di domani, che non conosciamo e che magari saranno diversi. La ricetta originale è buona, sana, e quindi saprà adattarsi. La mia preoccupazione riguarda la spiritualità: il CEIS è nato dalla fede di Bianca, dalla sua spiritualità che ha trasmesso nelle opere, non imponendo una fede, ma chiedendo alle persone l’attenzione a questa dimensione. Oggi è questo l’aspetto più difficile, perché nelle scuole di formazione c’è poca attenzione all’anima, alla vita interiore.
Sono preoccupato di un paganesimo dell’intervento sociale, che va compensato con iniezioni di spiritualità.
Non so ancora chi sarà il mio successore, ma dovrà avere prima di tutto una forte spiritualità, che dal vertice si irradia a tutti gli ambiti di intervento.
L'intervista completa a Enrico Costa è disponibile su Il Cittadino N. 15
a cura di
Francesca Di Palma
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