Quaresima nell’arte - Vangeli della III e IV domenica
Verso Pasqua, un viaggio alla scoperta delle opere d’arte che l’hanno raffigurata
Il viaggio di lettura della Parola quaresimale ci porta verso la terza e la quarta domenica, dove l’evangelista Giovanni ci racconta due importanti momenti della vita pubblica di Gesù: l’incontro con la Samaritana (Gv. 4, 5-42) e il miracolo del cieco nato (Gv. 9, 1-41).
L’episodio che ci presenta l’incontro di Gesù con la Samaritana, è stato ampiamente descritto dagli artisti nel corso dei secoli. Alcuni pittori preferiscono puntare sulla prima parte del dialogo, con Gesù accaldato e assetato vicino al pozzo e la Samaritana con un secchio o una brocca; altri invece pongono l’accento sulle battute finali, quando la donna piega il capo in segno di eloquenza e alle rivelazioni di Gesù, mentre sullo sfondo compaiono gli Apostoli con del cibo. Come possiamo vedere nella tela di Annibale Caracci rappresentante “Cristo e la Samaritana” (1593-1594) e conservata alla Pinacoteca di Brera.
La scena si svolge in campagna, nel podere che il patriarca Giacobbe aveva donato al figlio prediletto Giuseppe. A causa delle spartizioni territoriali tra i figli di Giacobbe, tra i Giudei e i Samaritani correva da secoli una profonda rivalità politica e religiosa, con reciproche accuse di eresia.
Il pittore segue accuratamente il testo del Vangelo: sullo sfondo, sulla sinistra, rappresenta gli Apostoli che stanno tornando dalla città di Sichar con del cibo; mentre in primo piano, sulla destra, rappresenta il dialogo tra Gesù e la Samaritana avvenuto proprio vicino al pozzo di Giacobbe, una ricca fonte utilizzata non solo come pozzo, ma anche come abbeveratoio per gli animali.
Il gesto di Gesù è duplice: con la mano destra sul petto allude a se stesso come il Messia, con la sinistra indica la città di Sichar, per invitare la Samaritana a diffondere la notizia dell’incontro. Lei che inizialmente aveva cercato di tener testa a Gesù nel dialogo, appare qui ormai vinta dall’eloquenza e dalle rivelazioni. Un altro particolare, merita di essere spiegato: tra Gesù e la Samaritana, il pittore inserisce l’orcio che ricorda che il loro dialogo si svolge sul tema della sete fisica e spirituale.
La guarigione del cieco nato è uno dei miracoli attribuiti a Gesù, contenuto nel solo Vangelo secondo Giovanni (9,1-41). La fonte di questo miracolo sarebbe, secondo alcuni, il cosiddetto Vangelo dei segni, un'ipotetica fonte del Vangelo secondo Giovanni, teorizzata da Rudolf Bultmann nel suo commento al Vangelo di Giovanni del 1941 e poi diffusasi ampiamente tra gli esegeti.
Vedendo un cieco tale fino dalla nascita, i discepoli chiedono a Gesù se è per colpa sua o per colpa dei suoi genitori che egli è in quella situazione. Gesù risponde: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio». Viene poi descritto propriamente il miracolo: «Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Siloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva». Questo miracolo è descritto in maniera molto significativa in un dipinto dello stesso soggetto realizzato dal genovese Orazio De Ferrari nel XVII secolo, e conservato a Palazzo Bianco. In un’unica scena sono raccolti vari momenti del racconto: l’incontro tra Gesù e il cieco, l’interrogatorio dei Farisei al cieco e ai suoi genitori, la sua nuova vita inaugurata dalla professione di fede. Gesù è rappresentato al centro ed il colore delle vesti risalta la sua figura: il rosso della tunica è simbolo della natura umana e l’azzurro del vaporoso mantello è simbolo della natura divina. Il volto di Cristo è sorgente di luce ed illumina la scena: «finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo», afferma nello stesso episodio. «Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita»: vede un cieco, un individuo che al tempo era un emarginato, e prende l’iniziativa. Non è l’uomo che vede Dio, è Dio che vede l’uomo e gli va incontro: Gesù non vede il peccato del cieco ma la sua sofferenza e il suo grido di aiuto che in essa si nasconde. «Sputò per terra, fece del fango con la saliva e spalmò il fango sugli occhi del cieco»: con la mano destra, Gesù tocca gli occhi dell’uomo che gli sta davanti. Cristo è capace di utilizzare tutto, anche gli errori ed il peccato, per aprire gli occhi del cuore, come qui fa con il fango. Il gesto che riguarda la saliva, la terra, il tocco, rivela chiaramente una profonda intimità: ricorda il desiderio di Dio che vuole entrare in relazione con le sue creature nel profondo della loro esistenza, lì dove si nascondono l’angoscia, la paura e la vulnerabilità.
«Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva». Il bicchiere che il cieco tiene tra le mani allude alla piscina di Siloe dove Gesù lo manda a sciacquarsi gli occhi e ricorda anche ciò che Gesù dice alla Samaritana: «Io sono l’acqua viva, chi beve di quest’acqua non avrà più sete». Appoggiato alla gamba del cieco si vede ancora il bastone che fino a questo momento ha usato per orientarsi, palesando la sua insicurezza. Alle spalle di Gesù ci sono due anziani: il primo guarda interessato il miracolo, il secondo abbassa lo sguardo. Sono i farisei che, chiusi nella loro autoreferenzialità, non riconoscono il miracolo e scatenano un processo contro Gesù. Il peccato si annida proprio dove è difficile scovarlo, lavora spesso lontano da ogni visibilità, scava un suo spazio proprio in chi crede di esserne immune. Alla fine sarà Gesù ad annunciare il verdetto del processo, nel quale si rivela chi vede e chi è cieco: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane». Alle spalle del cieco sono rappresentate altre quattro persone: si tratta degli anziani genitori dell’uomo e una donna con un bambino in braccio, forse la moglie. La famiglia, accorsa perché chiamata dai farisei, colta da paura, preferisce non esprimersi in merito a ciò che è accaduto al loro figlio: se ne lavano le mani per timore delle conseguenze e rimandano al figlio ogni responsabilità. Altre tre persone dietro a Gesù, meno evidenti, sono i concittadini del cieco: due di essi sono distratti e non si sono nemmeno accorti di quello che sta accadendo. Rappresentano coloro che nella vita non vogliono compromettersi, ma guardano con distacco e indifferenza quello che succede attorno a loro. La vista che quell’uomo ottiene è simbolo di un nuovo sguardo sulla realtà, filtrato dalla fede: il bambino stupito che guarda verso Gesù rimanda alla nuova vita e alla nuova nascita suscitata dall’incontro con Dio. Un’ultima persona, una donna, ha lo sguardo attento ma guarda altrove: verso dove? Verso la Risurrezione. Perché quel miracolo, secondo Giovanni, altro non è che un segno con cui Gesù invita a guardare oltre, verso la Vita Eterna che attende dopo la morte e che sarà il compimento di ogni aspirazione e desiderio.
In foto: Annibale_Carracci, Cristo e la Samaritana, 1593-1594, Pinacoteca di Brera
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