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La scuola ai tempi del coronavirus

L'emergenza sanitaria costringe a fare i conti con la scuola digitale e le lezioni on line

La scuola ai tempi del coronavirus

All’inizio il fatto di non andare a scuola ed essere chiusi per una settimana, soprattutto se questa coincide con i giorni di pausa programmati, ti appare come una sorta di premio a partita in corso. Una piacevole novità accolta dall’urrà degli studenti e tutto sommato ben sopportata dai docenti.

Poi quando la cosa si fa tremendamente seria e la chiusura inizia a prospettarsi molto lunga, la realtà appare in tutta la sua drammaticità e complessità.

Non andare a scuola per un mese, forse di più cambia completamente la vita di alunni, professori, famiglie, della stessa società. Tutto viene rimodellato, ripensato. Ritmi, appuntamenti, modi di fare. Ci siamo trovati davanti a una situazione alle quale eravamo del tutto impreparati.

I ragazzi in primis senza questo fondamentale punto di incontro si sono sentiti spersi, imprigionati in casa oppure impegnati a districarsi tra i sì e i no cha apparivano e scomparivano velocemente. Sì palestra, no spogliatoi, sì allenamento, no partita, sì piazzetta, no riunioni, addirittura qualcuno rimpiangendo la scuola.

La soluzione per non annullare l’anno scolastico è naturalmente è andata convergendo verso le lezioni online; le lezioni on line, così facili a dirsi ma così complesse a farsi; la montagna enorme di informazioni che la rete concede, ricchezza ma a volte complicazione ulteriore. Le chat impazziscono e si riempiono di proposte, di soluzioni, di idee. Il fatto di non incontrarsi non aiuta a comprendersi. L’inseguirsi delle soluzioni proposte dalle istituzioni non aiuta poi a poco a poco si riesce a fare chiarezza e a individuare una strada che possa trasformare un incubo in una possibilità. La tanto decantata scuola digitale ora deve per forza sperimentarsi ed entrare in azione.

E’ così che i professori si stanno organizzando per fare tutto virtualmente e tenere sulla corda i ragazzi per almeno un mesetto. Si entra in “spaggiari”, si caricano le aule virtuali, si mettono i compiti, si valuta possibilità di fare video, da inviare, si postano video o link che aiutino l ‘argomento. Naturalmente ricordiamo che tutto deve essere mediato da una piattaforma scolastica, non può essere una relazione privata tra prof e alunno.  Si è dovuto correre, imparare, cercare di far di necessità virtù e quindi trasformare una situazione pessima in una occasione di crescita. E ancora oggi siamo in corsa, imparando, sperimentando, impazzendo, sbagliando, caricando, cliccando, inventando, improvvisandoci attori reali e virtuali. Se nell’università tutto questo può essere più semplice, dove professori e alunni hanno un percorso ampio alle spalle e scelte assai più profonde, nella scuola secondaria di primo grado la primaria le cose si fanno di certo più complesse. Tutti avranno accesso a un computer? Tutti avranno facilità al linguaggio digitale e saranno supportati dalla famiglia? Un conto è you tube o tik tok ma essere capaci di governare lo strumento per un ragazzo delle “medie” non è la stessa cosa che per un universitario…

Certo il tema pone molte domande quali: la scuola virtuale potrà sostituire quella reale, l’incontro vero tra persone?  La formazione a distanza per scuola primaria e secondaria ha un senso? Le varie età senz’altro hanno tra loro una differenza, un conto sono le università, le specializzazioni, l’incontro di un consiglio di amministrazione, un conto sono i bambini che hanno bisogno di un contatto umano e che vengono educati da una relazione umana.

A scuola si forma il tessuto sociale del domani aggregato attorno ai valori del vivere civile e sociale. Il tema è grande. Ricordo la diffidenza con un filo di ironia che a Cuba noi italiani riservavamo all’uso dei televisori in classe dove gli alunni della primaria seguivano le lezioni impartite dall’Havana fin nel più remoto angolino sperduto nei campi di canna da zucchero. Eppure la tecnologia è una grande risorsa che unita alla forte nostalgia del contatto diretto con gli alunni può miscelare un forte desiderio di migliorare sempre più la nostra scuola. Anche questo può essere una occasione per risorgere dalla morte del corona virus.

Come sempre ciò che hai ogni giorno lo apprezzi solo quando ti viene a mancare. Questo potrebbe essere un buon risultato: un antidoto al disprezzo della scuola, sperando che non sia la prova per la sua trasformazione nel Grande Fratello.

Fonte: Il Cittadino
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