Comunità Ucraina, da 20 anni a Genova
Domenica 19 novembre la celebrazione in Santo Stefano
Domenica 19 novembre, con una celebrazione alle ore 11 nella Chiesa di Santo Stefano alla presenza di Mons. Dionisio Laschovicz e di Padre Marco Tasca la comunità ucraina festeggia i suoi primi 20 anni da quando, nel 2003, si è formata ed è stata accolta nella chiesa di Santo Stefano dove si ritrova per i momenti comunitari.
Padre Vitaliy Tarasenko, cappellano, racconta su Il Cittadino N. 43 la storia di questi 20 anni di presenza genovese.
Ne proponiamo alcuni passaggi.
All’inizio le persone che sono arrivate qui in Italia non pensavano a costruire una comunità, sono giunte per motivi economici, per sostenere le loro famiglie che erano rimaste in Ucraina.
La Chiesa genovese è stata la prima ad accogliere i membri della nostra comunità, di chi aveva bisogno, attraverso l’apertura delle sacrestie o di alcuni saloni. Io sono arrivato a Genova nel 2003 dove ho conosciuto questo gruppo che era guidato da Suor Clara, una missionaria che si prendeva cura in particolare delle signore badanti.
Il mio arrivo è stato un prezioso supporto al servizio che già svolgeva di assistenza spirituale e mi occupavo non solo di immigrati ucraini ma anche di tutti coloro che arrivavano da paesi dell’Est, accomunati dalla lingua russa.
Abbiamo anche ricevuto l’accoglienza a Santo Stefano, da parte di don Carlo Romairone, il primo che ci ha offerto la possibilità di svolgere le celebrazioni e ci ha aperto le porte del salone che si trova sotto la chiesa, uno spazio importante dove ci si ritrovava dopo la celebrazione per passare insieme la domenica o tutti quei momenti liberi dal lavoro, per passarli in comunità, formarsi, informarsi e scambiarsi foto e notizie.
Abbiamo deciso di rispondere alla chiamata della diocesi e far parte della Migrantes, partecipando alle iniziative cittadine come il Festival Suq.
Importante è stata anche la presenza dell’Arcivescovo e del Vescovo ausiliare in particolare in occasione delle festività per portare gli auguri, la benedizione e stare con la comunità.
Vivere questo scambio con la Chiesa diocesana ha portato tanti a scoprire la nostra cultura bizantina, i canti, le icone, la spiritualità.
Abbiamo riconosciuto la necessità di una struttura, che abbiamo chiamato Confraternita Ecclesiale, così che mi potesse aiutare nel mio servizio di cappellano – non parroco – che svolgo girando anche altri luoghi come Savona e altre città. È stato così formato un gruppo di persone con diverse responsabilità dalla liturgia all’ospitalità, dalla cura dei giovani a quella degli adulti. Un gruppo di persone si occupa anche della carità e in collaborazione con la Caritas abbiamo creato un centro di ascolto che risponde alle problematiche di chi arriva.
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