Cappellani del lavoro: 80 anni di presenza
Don GianPiero Carzino: «In punta di piedi nei luoghi di lavoro», don Massimiliano Moretti: «Imparare a leggere la realtà di oggi»
Nel 2023 l’ARMO (Assistenza Religiosa Morale Operai) ha compiuto 80 anni.
L’importante anniversario è stato festeggiato e celebrato con un convegno, lo scorso 1 dicembre 2023, alla Sala Quadrivium. "Chiesa, lavoro, Città: 80 anni della nostra storia" ha raccontato i lunghi anni di cammino, iniziato nel 1943 da un’intuizione del Card. Boetto e proseguito fino ad oggi.
I Cappellani del Lavoro, con la loro presenza discreta all’interno di tanti luoghi di lavoro, hanno seguito passo dopo passo tutta la storia di Genova, dagli anni della Resistenza fino alle grandi vertenze di oggi.
Nei giorni scorsi nella sede ARMO i Cappellani si sono ritrovati per delineare il cammino di quest’anno e per con dividere le esperienze personali all’interno dei luoghi di lavoro.
In questa occasione abbiamo incontrato don GianPiero Carzino, Vice Direttore ARMO, e don Massimiliano Moretti, Cappellano in diverse aziende cittadine.
Don GianPiero, cosa è emerso in questo primo incontro fra voi Cappellani e quale cammino avete individuato per questo nuovo anno pastorale?
Ci siamo ritrovati dopo circa due mesi e abbiamo condiviso quanto accaduto nel periodo estivo, dati positivi e difficoltà. Ha partecipato all’incontro anche don Geyner Gonzales Peralta, al quale abbiamo potuto illustrare la realtà dei Cappellani e di alcune aziende in cui entriamo. I Cappellani hanno condiviso anche le riflessioni su Ilva, Ansaldo Energia, Riparazioni Navali, le aziende su cui l’attenzione oggi è massima.
In occasione del convegno celebrativo degli 80 anni dell’ARMO, il Card. Angelo Bagnasco è intervenuto puntualizzando la differenza sostanziale fra Cappellano del lavoro e parroco. Quali sono le peculiarità dei Cappellani?
La principale differenza è che noi cappellani ci muoviamo in un ambiente che non è "casa nostra". Siamo ospiti per la benevolenza di chi ci fa entrare e ci adeguiamo a ritmi, tempi e modalità che sono determinate da altri. Dobbiamo entrare in punta di piedi, senza pretendere certi spazi e certi luoghi, ringraziando quando ci viene data la possibilità di celebrare la Messa o di girare liberamente nelle aziende. Questo aiuta molto nel rapporto con le persone, perché permette di incontrare persone senza porre muri.
Don Massimiliano, tu sei parroco e cappellano. Come cambia l’approccio con le persone?
Posso dire che fare il cappellano del lavoro mi ha aiutato a fare il parroco. Essere cappellano del lavoro richiede un tratto anche umano che devi affinare, perchè sei un ospite, non sei in casa tua, e incontri persone che magari professano altre religioni o non sono religiose. Questo permette di sviluppare una sensibilità che ti permette nel tempo di imparare a guardare l’umanità cercando di cogliere il bene che c’è nelle persone. Questo fa sì che anche in parrocchia ci si muova con uno sguardo un pò diverso, valorizzando i laici. Il parroco deve avere la capacità di cogliere i carismi che ci sono e di metterli insieme. Il Cappellano incontra tante persone diverse e si focalizza sul bene che ciascuno ha in sè: questo aiuta anche in ambito parrocchiale, adattando una pastorale inclusiva.
Quale futuro vedi per i Cappellani oggi?
Finchè ci sarà l’uomo, ci sarà bisogno di un accompagnamento spirituale. Certo, dobbiamo assolutamente trovare nuovi paradigmi. Non so cosa e come dovremo farlo, ma dovremo saper leggere una realtà che è drasticamente cambiata. Il senso religioso in ogni persona è però ancora molto vivo, e me ne accorgo da parroco: pochi battesimi, qualche comunione, pochi matrimoni, ma quanti funerali! Questo vuol dire che alla fine della vita c’è un bisogno di luce. Dobbiamo continuare a esserci, con tanta fatica perché in questo momento non abbiamo più chiaro il come starci. Questa è la sfida che ci si pone di fronte.
Su Il Cittadino N. 33 l'intervista completa a don GianPiero Carzino e a don Massimiliano Moretti
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