CARITAS - Centri d’Ascolto: preziosi riferimenti per le emergenze
Il punto sull'azione caritativa della Diocesi di Genova in tempo di pandemia
All’inizio di un nuovo anno è opportuno fare il punto sulla situazione determinata dalla pandemia e di quanto la Diocesi ha fatto, in particolare tramite Caritas Diocesana e la rete dei Centri di Ascolto Vicariali (CdA), per rispondere alla domanda di aiuto giunta da un numero crescente di persone in difficoltà.
Lucia Foglino è responsabile dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse della Caritas Diocesana, che studia i dati dei Centri di Ascolto - e non solo - per orientare meglio la risposta.
Lucia Foglino, un anno complesso per i Centri di Ascolto.
Come è stato possibile conciliare l’accoglienza e l’ascolto con il lockdown e le norme di distanziamento?
I Centri d’Ascolto sono stati privati della loro risorsa primaria: l’ascolto, l’incontro con le persone. Per lo più costretti a fare solo colloqui telefonici, hanno dovuto inventare nuovi modi per comprendere i bisogni delle famiglie e per sostenerle. Anche il lavoro di rete ha dovuto trovare, non senza difficoltà, nuove modalità per continuare ad essere efficace. Malgrado tutte le difficoltà, però, quasi tutti i Centri d’Ascolto hanno continuato a offrire il loro servizio: 4 di essi, avendo spazi adeguati, hanno continuato a incontrare le persone senza alcuna variazione, anche durante il lockdown; 21 hanno mantenuto giornate di apertura solo su appuntamento; 9, pur con i locali chiusi, hanno mantenuto l’ascolto telefonico e proseguito il sostegno economico presso le parrocchie, spesso con l’aiuto dei parroci. Tutti i CdA hanno istituito un numero di telefono d’emergenza, acceso tutti i giorni.
Quali sono le conseguenze più vistose della pandemia sull’andamento della povertà rilevata dai Centri di Ascolto?
In termini di numeri, le conseguenze saranno più visibili nel 2021 ma già dal 2020 si nota un significativo aumento di situazioni problematiche. Sono aumentate le presenze in generale, passando dalle 5.405 del 2019 alle 6.202 del 2020 con una crescita del 15% circa. Le persone che si sono presentate per la prima volta ai CdA nel corso dell’anno, sono state 1.776, nel 2019 era state 1.192: quindi, tra chi si è presentato per la prima volta nel corso dell’anno, l’incremento è stato del 49%. Di queste si è stimato che oltre 600, il 35% circa, hanno avuto disagio economico grave specificamente in conseguenza della pandemia. Molti Centri hanno rivisto persone aiutate già in passato, quindi già conosciute e che, ormai da anni, non avevano più chiesto aiuto: se si considerano anche queste il numero sale a 2.500. Tra quanti si sono presentati per la prima volta nel corso del 2020 anche la presenza delle persone straniere, che si è sempre attestata attorno al 50%, è cresciuta significativamente, fino al 65% circa.
Quanto alla povertà generata dal Covid, ci sono aspetti particolari da rilevare rispetto alla povertà generale precedentemente rilevata?
Dopo anni di progressiva e costante “maschilizzazione” delle presenze nei CdA, il dato più rilevante è il ritorno ad una maggioranza di donne. Negli ultimi 20 anni si è visto un crescere costante della presenza maschile che, nel 2019, ha superato quella femminile di qualche punto percentuale. Nell’ultimo anno si è tornati all’andazzo degli anni ’90: sono le donne a prendersi l’incombenza di andare a chiedere aiuto per tutta la famiglia.
Ci sono zone di Genova più colpite di altre?
Dai dati dei Centri di Ascolto emerge con evidenza il peso delle richieste dal Centro Storico (16,7%) dal Medio-Ponente (18%), dalla Valpolcevera (13,4%) e dalla Valbisagno (13,1%).
Si può tracciare un profilo di chi ha chiesto aiuto per la prima volta a causa del Covid?
Nella maggior parte dei casi, si tratta di persone che lavoravano in nero o arrotondavano con lavori in nero occupazioni in regola dal guadagno insufficiente, piccole pensioni, reddito di cittadinanza. Parallelamente hanno chiesto aiuto coloro che non hanno ricevuto nei tempi dovuti la cassa integrazione. Meno numerosi i commercianti, in parte perché economicamente meno fragili, in parte perché le misure governative adottate sono state efficaci. Abbiamo rilevato anche richieste da parte di qualche studente fuori sede, che arrotondava la borsa di studio con piccoli lavori, di badanti dopo il decesso dell’anziano datore di lavoro, di famiglie per le quali l’unica entrata economica certa era la pensione di un anziano genitore, deceduto.
Sul piano degli aiuti economici, cosa ci dicono i dati?
In riferimento alla povertà in generale, nel 2020 la maggior parte degli aiuti economici è stata utilizzata per il sostengo nella conduzione della casa: affitto o mutuo, amministrazione, utenze. Rispetto al 2019 è leggermente diminuita, era il 66%. Sono decisamente aumentate le spese per i generi alimentari, passate dal 12% al 17,3%. Sostanzialmente invariate le altre voci.
E rispetto alla povertà generata dal Covid?
C’è sicuramente da registrare il balzo del bisogno alimentare. Tra marzo e giugno, la rete dei Centri di Ascolto ha consegnato buoni alimentari per un valore di 70.000,00 euro circa e si stima che i centri di distribuzione parrocchiali abbiano erogato oltre 180.000 pacchi viveri, a cui vanno aggiunti quelli distribuiti dal Food Hub di Caritas Diocesana allestito presso Casa della Giovane in Piazza S. Sabina, oltre 800 pacchi viveri a 264 famiglie e le altre distribuzioni spontanee diffuse sul territorio, le raccolte organizzate da supermercati, da gruppi parrocchiali, da associazioni: ne abbiamo censito almeno un centinaio.
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