II lettura di domenica 23 gennaio - III domenica del Tempo Ordinario
La Parola - Anno C
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 12,12-30
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Paolo approfondisce il discorso sui “carismi” – i doni, di cui alcuni fruiscono a beneficio della comunità – rimarcando che tutto e tutti, nella Chiesa, sono riassunti, unificati e vivificati da Cristo. L'adesione a Cristo – Parola incarnata di Dio – non è semplicemente esteriore, formale, ma si realizza costituendo ontologicamente un unico corpo, che vive per la presenza di un unico Spirito.
Un solo corpo nel quale si è inseriti tramite i sacramenti, la cui irrorazione di vita soprannaturale – la vita di Cristo – riconduce ad unità ogni diversità.
Unità nella diversità che “è voluta da Dio”: qualsiasi eventuale contestazione di tale realtà è neppure da prendere in consi-derazione.
Ciascuno costituisce “per la sua parte” il corpo mistico di Cristo: ciascuno ha la propria vocazione, i propri compiti, i propri doveri. È illogica ogni contrapposizione, perché ogni carisma – in definitiva – ha unico scopo: la edificazione della Chiesa e la sua vita. Come é illogico qualsiasi disprezzo od ambizione.
Ciò che importa è svolgere, al proprio posto, i doveri inerenti alla personale vocazione, lasciandosi permeare da Cristo.
L' unità del corpo mistico di Cristo è talmente profonda che il comportamento – costruttivo o deleterio – di un membro, si ri-percuote, inevitabilmente, su tutti gli altri: una responsabilità terribile, giacché si tratta di cooperare alla via della Chiesa-corpo di Cristo oppure di offenderne, di mutilarne la realizzazione salvifica.
Unica aspirazione lecita è quella rivolta ai carismi più grandi interiormente, per la vitalità della Chiesa, non ai più appa-riscenti.
L'umiltà nell'aspirazione e nell'esercizio dei carismi è la misura della loro autenticità e della loro efficacia. L'accettazione della loro diversità, stabilita da Dio, è titolo di verità.
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