II lettura di domenica 18 luglio - Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola
XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
L'Apostolo sta parlando agli etnico-cristiani, cioè ai non appartenenti alla stirpe ebraica, approdati al cristianesimo, coloro quindi che gli Ebrei chiamano “i pagani”, “i gentili”, “gli incirconcisi”, “i lontani”.
I giudeo-cristiani, i battezzati provenienti dall’ebraismo si considerano figli legittimi della salvezza e considerano gli etnico-cristiani come figli illegittimi o almeno di seconda categoria. È nota la pretesa dei giudeo-cristiani di far passare attraverso le prescrizioni israelitiche i pagani che desiderino aderire al cristianesimo. Pretesa ripudiata dal Concilio di Gerusalemme.
È il vecchio concetto del giudaismo: della superiorità religiosa, quasi un’aristocrazia spirituale. Nella Lettera di Aristea, documento giudaico del 100 a.C. circa, si legge: “il nostro saggio legislatore, tenendo conto di tutti i particolari, fornito da Dio della conoscenza di tutte le cose, ci circondò di palizzate insuperabili, perché non ci mescolassimo in nulla con nessun altro popolo, rimanendo incontaminati di corpo e di anima, liberi dalle vane opinioni e adorando l’unico e vero Dio, superiore a tutta la creazione”.
Si comprende come la legislazione mosaica, che aveva scopo di salvaguardare Israele dall’idolatria, diffusa tra gli altri popoli, venga interpretata a convalidare una concezione ben diversa.
Paolo – per antonomasia apostolo dei “gentili” – afferma che, in forza della redenzione cruenta di Cristo, anche coloro che erano considerati “lontani” ora sono “vicini”. Per gli israeliti “il prossimo”, anticamente, era soltanto il membro dello stesso popolo o della stessa parentela, per il cristianesimo “il prossimo” è ogni uomo, indipendentemente dalla sua origine etnica: concetto illustrato, limpidamente, da Gesù, nella parabola del buon samaritano.
Quindi l’Apostolo ricorda che Gesù ha riunito in un solo popolo “i due”, cioè i giudeo-cristiani e gli etnico-cristiani, “abbattendo il muro di separazione che era frammezzato, cioè l’inimicizia”. E ciò ha fatto perché “egli è la nostra pace”: un’asserzione di sapore ontologico, secondo la quale Cristo e la pace si identificano. Viene persino sorpassato, in maniera radicale, il titolo messianico di “principe della pace” (Is 9,6). Dunque essere “in Cristo” è essere nella pace, per cui ogni inimicizia, ogni divisione diventa assurda, inconcepibile.
Mediante l’Incarnazione – “per mezzo della sua carne” – Cristo ha annullato la congerie di “prescrizioni” e di decreti, fatti derivare dalla legge mosaica, la quale, per questo, ha assunto fisionomia negativa di un separatismo che non ha più ragion d’essere. Cristo, “nuovo Adamo”, ha rifondato l’umanità, in se stesso, dando origine ad “un solo uomo nuovo”, rigenerato dal Battesimo, riconciliato con Dio e con tutti.
Con estremo realismo allora l’Apostolo può scrivere che Cristo “è venuto ad annunziare la pace”: un annuncio non semplicemente verbale, ma espresso nella sua persona e nella sua vita. Pace che unisce ugualmente “i lontani” e “i vicini”, in maniera talmente integrale da far sì che – tutti incorporati a lui – possano “presentarsi al Padre in un solo Spirito”. Lo Spirito infatti è l'amore unitivo vigente tra il Padre e il Figlio: i battezzati, incorporati a Cristo-pace, fruiscono dello Spirito Santo, amore divino unitivo. Analogo concetto Paolo esprime nella epistola ai Galati: “non c'è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina, essendo tutti voi una sola persona in Cristo” (Gl 3,28; cfr. anche Cl 3,10).
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