II Lettura di domenica 16 agosto 2020 - Condurrò gli stranieri sul mio monte santo.
XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 11,13-15.29-32
Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch'essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!
Nella comunità cristiana di Roma, costituita prevalentemente da non ebrei, certamente si verificano tensioni: i convertiti rimproverano agli israeliti il loro rifiuto della salvezza proposta da Cristo.
Paolo, il quale ha avuto la specifica missione di “apostolo dei Gentili” – coloro che gli israeliti chiamano “pagani” – non vuol venir meno alla sua responsabilità, di cui si sente “onorato”; ma ha in animo di continuare, sperando persino che i suoi “consanguinei” di stirpe, “almeno alcuni”, da ciò “ingelositi”, si convertano.
Motivo della speranza è la divina provvidenza: come nel momento in cui “il rifiuto” ebraico – “almeno di una parte di Israele” (Rm 11,25) – ha coinciso con l’avvio dell’evangelizzazione e della “riconciliazione” con Dio del resto del “mondo”, allorché Israele si con vincerà della verità di Cristo, la “riammissione” sarà anche più grandiosa, assimilabile ad “una risurrezione dai morti”.
Dio, il quale, infatti ha “chiamato” per primo Israele, gratificandolo di doni adatti per essere punto di inizio nella storia della salvezza, considera “irrevocabili” e la vocazione e i doni, i quali pertanto rimangono sempre valevoli per chi intenda ricuperarli.
Paolo rimarca la convinzione circa la misteriosa provvidenzialità della storia, rovesciando il paragone: come i pagani convertiti hanno ottenuto misericordia, in seguito alla disobbedienza degli israeliti, così questi ora possono avere misericordia.
Paolo conclude affermando che Dio ha permesso –“rinchiuso”, secondo la mentalità veterotestamentaria, che attribuisce a positiva volontà di Dio ciò che, in realtà, avviene anche per sua permissione – che tutti, liberamente e responsabilmente, possano disobbedire alla sua legge, “per usare a tutti misericordia”. Tutti possono peccare e tutti, se vogliono, possono ottenere misericordia. Senza discriminazioni e senza privilegi.
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