Erano come pecore che non hanno pastore
XVI Domenica del Tempo Ordinario (22 luglio 2018)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Gli uomini che, in posizione di responsabilità, guidano gli altri uomini non possono regolarsi a loro piacere e secondo i loro interessi, ma secondo la volontà, la legge di Dio, del quale in definitiva sono designati a fare le veci.
La volontà divina è mirata al bene dell’umanità, in cui ogni divisione, ogni inimicizia può essere eliminata solo vivendo in Cristo, il quale è pace.
Egli è pure colui che – pastore vero e perfetto – guida, con assoluta santità e incondizionato amore, gli uomini, in maniera tale che essi, incorporati a lui, siano partecipi dell’amore unitivo della Trinità, realizzando quindi perfetta unità fra di loro ed autentica pace.
I Dodici – che ora Marco, per l’unica volta, denomina “Apostoli”, cioè inviati – reduci dalla missione loro affidata da Gesù (Mc 6,7-13; brano della domenica precedente) gli si “riuniscono attorno gli riferiscono tutto quello che hanno fatto e insegnato”. Un dettagliato resoconto, non tanto dell’esito, della riuscita della missione, quanto piuttosto del loro operato. Essi, come Gesù (Mc 1,27) insegnano e compiono opere, non sono soltanto dei teorici, ma agiscono e d’altra parte, non sono soltanto dei pragmatici: il loro operato è illuminato e giustificato dal loro insegnamento.
“Il binomio "fare-insegnare" caratterizza la missione stessa di Gesù (Mc 1,21-27; At 1,1): né fare soltanto né insegnare soltanto, ma le due cose in intimo rapporto, inseparabili, a imitazione del Dio
della Rivelazione, il quale si è manifestato con parole e con opere. La Chiesa non può essere ridotta a un’accademia di teologia né ad una organizzazione assistenziale; essa è armonia di dottrina e di vita e perciò casa di salvezza per tutti gli uomini” (S. Garofalo).
L’invito di Gesù, riportato soltanto da Marco – “venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un poco” – non ha dimensione di relax, bensì, più profondamente, dimensione di raccoglimento spirituale, da vivere in intimità con Gesù: una necessità tanto più imprescindibile quanto più intensa è l’attività apostolica. Questa può essere talmente oberante da togliere il tempo persino alle necessità vitali – gli Apostoli non hanno più “neanche il tempo di mangiare” – ma, soprattutto, può inaridire spiritualmente, diventare soltanto professionale, se non viene sorretta, alimentata, corroborata dall’intimità con Gesù.
Gli Apostoli partono in barca, con Gesù, “verso un luogo solitario, in disparte” e già la traversata del lago offre occasione di colloquio col Maestro Evidentemente protratto se, sbarcando e trovando già la folla ad attenderlo, egli si occupa di essa. Egli “si commuove per loro, perché sono come pecore senza pastore”. Compassione eminentemente spirituale, non soltanto umana, come altre volte in presenza di infermità o di mancanza di cibo: infatti “si mette ad insegnare loro molte cose”. Nell’espressione “come pecore senza pastore” è facile leggere il riferimento alle predizioni profetiche di Geremia (23,1 ss; prima lettura) e di Ezechiele (34, 1 ss).
Gesù è davvero il pastore preannunciato, il quale raduna le pecore disperse, per ricomporre il gregge, che allora può dire con serenità e sicurezza: “il Signore e il mio Pastore, su pascoli erbosi mi fa riposare, mi conduce ad acque tranquille” (Sl 23).
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