Scuola e pandemia: saremo preparati?
Il ritorno fra i banchi riporta alla ribalta antichi problemi
Mentre le case farmaceutiche litigano sui brevetti dei vaccini (alimentando in questo modo la propaganda dei no vax) il nostro Ministro della Salute Roberto Speranza rilascia un’intervista a RTL102.5: “Il Covid è ancora un problema aperto. C’è un’indicazione delle due organizzazioni internazionali di riferimento, l’Agenzia Europea del Farmaco e il Centro Europeo per il controllo e la sorveglianza delle malattie, che invitano tutte le persone sopra i 60 anni ad un’ulteriore dose di richiamo. Il mio appello alle persone sopra i 60 anni o alle persone fragili è di prenotare subito un’ulteriore dose di vaccino in vista dei mesi più complicati, tradizionalmente autunno e inverno”.
Sono infatti ancora attive Omicron Ba4.6, Ba.5 mentre è in arrivo Centaurus, l’ultima variante di cui si dice essere veloce nella diffusione anche se forse meno pericolosa. Insomma il Covid non è solo un problema aperto ma ci perseguiterà ancora per un tempo almeno incommensurabile. In questi quasi tre anni di pandemia la campagna vaccinale ha arginato guai ben maggiori ma certe decisioni empiriche e a direzioni alterne hanno lasciato interdetti.
Il Governo, ogni Ministro, le autorità sanitarie sanno che individuare target di popolazione sovraesposta e puntare a vaccinarle è una strategia correttamente impostata: meno convincente è il fatto che tutti ignorino che gli ultrasessantenni, ad es., non sono monadi isolate che vivono su un altro pianeta, ma sono persone quotidianamente in contatto con altri soggetti di età diversa.
Una certa tolleranza dimostrata nei confronti dei negazionisti non mette al riparo nessuno dai contagi. Viviamo il problema a periodi alterni: liberalizzazioni, ridimensionamento del rischio, abolizione delle mascherine, autorizzazione di eventi con decine di migliaia di persone di ogni età e condizione e strettissimo contatto e poi ripensamenti, chiusure, ripristino di normative più severe. Siamo una società aperta, non a compartimenti stagni.
Emblematico cosa succederà con la riapertura delle scuole: abolite le mascherine e non risolto il problema dell’aerazione delle aule, della consistenza delle classi, dei controlli all’ingresso dei locali scolastici (perché è stato “licenziato” il medico scolastico?), dei distanziamenti, tutti vanno in fibrillazione al pensiero che rientreranno contemporaneamente i cd. “docenti no-vax”, i lavoratori fragili rimasti privi di tutele sanitarie (ci abbiamo scritto fiumi di articoli) e gli alunni dai tre ai diciotto anni. Tanto che si comincia a parlare di reintroduzione della DaD: praticamente una resa incondizionata anticipata, visto che da mesi si prospettavano a un tempo ripresa dei contagi e organizzazione della presenza a scuola di tutti i soggetti interessati.
Nulla di ciò che si doveva assumere a livello preventivo è stato fatto: lecito pertanto dubitare della competenza di chi doveva prendere decisioni. Questa promiscuità nell’ambiente scolastico non sembra coerente con le raccomandazioni del Ministro, e viceversa. Il fatto poi che i lavoratori fragili tornino a scuola in condizione di sovraesposizione al rischio in quanto non sono state prorogate le tutele previgenti e che per gli alunni si prospetti il ritorno alla didattica da casa lascia letteralmente allibiti, tante sono state nel frattempo le pressanti, accorate perorazioni ai Ministri interessati.
Draghi non poteva certo pensare a tutto (sebbene anche a lui fosse chiaro il quadro dei problemi incipienti) ma che i Ministri responsabili dei settori salute, istruzione e lavoro non abbiano approfondito evidenze ed evenienze esprime contraddizioni inconcepibili tra il dire e il fare. Tutto qui si risolve in burocrazia: moduli, decreti, circolari, norme incomprensibili scritte in un linguaggio oscuro. A complicare il quadro ci sono le elezioni di mezzo: qualunque Governo si formerà dopo il voto si troverà a gestire l’ennesima tappa in salita di un giro dell’oca senza fine.
Dagli ospedali cominciano ad arrivare segnali non ancora allarmanti ma sicuramente rispetto ad una inversione di tendenza nella ripresa dei contagi e dei ricoveri nessuno ci mette più la mano sul fuoco. La percezione complessiva è di una alternanza di illusioni e di paure: ha ragione da vendere chi sostiene che siamo un’umanità impreparata. Si aggiunga la guerra, la crisi energetica, l’assenza di una capacità di pianificazione a medio termine ed ecco spiegato questo limbo dell’indeterminato che si trascina dall’inizio della pandemia.
L’incertezza pervade la nostra quotidianità, condiziona ogni ambito del nostro agire. Tutti promettono ma parlano un linguaggio di frasi fatte e mezze verità, alternate a pietose bugie. La sensazione di sentirsi soli e abbandonati al destino è più di una percezione: quando si parla di salute, di istruzione, di lavoro, di tutele sociali e individuali si avrebbe il diritto di trovare nelle istituzioni persone che sappiano coniugare sul piano formale e sostanziale le loro responsabilità con le necessarie competenze.
Ma tutto diventa imponderabile, aleatorio, imprevedibile: inizia dunque un nuovo anno scolastico ma le ansie e le incertezze sembrano prevalere sull’auspicio di una ripristinata normalità. In questa situazione di palpitante incertezza il Ministero dell’Istruzione tira fuori dal cilindro l’invenzione del “docente esperto”.
C’è da mettersi le mani nei capelli.
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