Italia, fra ripresa del Pil e mancanza di lavoro
Arrivata la prima rata dei fondi del Piano di ripresa e resilienza
L'arrivo della prima rata da 25 miliardi di euro, sui 191,5 previsti entro il 2026, del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta il primo aiuto concreto di Bruxelles per spingere la ripartenza del nostro paese e superare gli effetti della crisi causata dall'emergenza sanitaria a seguito della pandemia da Covid19. Il ministero dell'Economia ha ora il dovere di distribuire queste ingentissime risorse agli enti locali ed ai ministeri per tradurre in realtà l'avvio dei 105 progetti e investimenti entro 5 mesi.
Si tratta di un aspetto molto importante dato che i prossimi fondi sono vincolati al puntuale rispetto dei cronoprogrammi degli investimenti e delle risorse e che i fondi futuri non saranno erogati sulla base dell'anticipo o del piè di lista ma saranno disponibili solo dopo che gli obbiettivi ed i traguardi saranno raggiunti. L'indicazione dell'Ue è stata molto chiara e ha sottolineato come non si tratti solo di spendere i soldi ricevuti ma di farlo bene evitando sprechi e lungaggini con l'obbiettivo primario di spingere il Pil e l'occupazione e mettere in atto le grandi riforme promesse.
L'importo da 25 miliardi di euro ha una duplice natura dal momento che rappresenta il 13 % di tutte le sovvenzioni (68,9 miliardi in totale) ed il 13 % dei prestiti (122,6 miliardi) rispettivamente per 9 e 16 miliardi ed è stato versato in due distinti conti correnti del ministero dell'Economia che erogherà le somme alle amministrazioni incaricate dell'attuazione degli interventi del Pnrr con la gestione delle somme in apposite contabilità speciali in modo da facilitare le verifiche ed i controlli da parte di Bruxelles. Il governo italiano fornirà poi rapporti ad intervalli regolari alla Commissione europea sull'uso delle risorse, lo stato di attuazione dei progetti, il raggiungimento dei target previsti in modo da poter ottenere lo sblocco delle rate successive.
Il mondo del lavoro si interroga su cosa accadrà in autunno, che si annuncia molto "caldo", e lo scontro tra Confindustria e forze politiche è già acceso; Bonomi da una parte rivendica un'ampia possibilità di manovra per gli industriali ed Enrico Letta del Pd ribadisce la necessità di un "patto sociale".
Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha sottolineato: "Si tratta di costruire delle condizioni per cui le persone non apprendano con un messaggio WhatsApp che non hanno più un lavoro e chi se ne va via sia responsabilizzato... evitando che la delocalizzazione diventi desertificazione come purtroppo è avvenuto in molte realtà del nostro paese nelle quali, peraltro, erano state spese anche molte risorse pubbliche a favore di quelle localizzazioni".
In un contesto lavorativo così drammatico è difficile credere che alle buone intenzioni seguiranno i fatti; lo stesso ministro Orlando nella bozza ufficiale di riforma degli ammortizzatori sociali, inviata ad imprenditori e sindacati, enuncia tanti lodevoli principi ma per evitare di dover indicare le coperture economiche e finanziarie non indica nessun numero.
I dati forniti dall'Istat certificano nel secondo trimestre di quest'anno una crescita nel nostro paese del 2,7%, in Spagna del 2,8 ed in Portogallo del 5%, con i paesi del Mediterraneo che avanzano più velocemente di Germania e Francia che si fermano rispettivamente all'1,5% ed allo 0,9 anche se in Italia siamo ancora sotto del 3,8 % rispetto ai livelli pre-pandemici. Le stime per l'Italia per la fine dell'anno sono di una crescita intorno al 5-6% mentre quelle dell'Fmi si fermano ad un più prudenziale 4,9%.
Si tratta comunque di numeri importanti ed incoraggianti ed è necessario non perdere questa opportunità in un contesto ancora comunque molto difficile per la variante delta del virus i cui effetti negativi più gravi potrebbero manifestarsi in autunno.
L'esecutivo deve agire per mettere in campo tutti gli strumenti disponibili per riattivare l'economia in modo sostenibile e strutturato aiutando i cittadini a comprendere che uno stato assistenzialista non ha alcuna possibilità di reggere in futuro e che è necessario che da una parte gli industriali offrano posti di lavoro sicuri e dignitosi permettendo la nascita di nuove famiglie e dall'altra parte i lavoratori comprendano che il lavoro deve sempre essere svolto con attenzione e dedizione in modo da far prosperare l'azienda in cui lavorano e migliorare le loro condizioni di vita.
Al contempo sarà determinante la necessaria azione del governo sui grandi istituti bancari e sulle grandi aziende per contenere la distribuzione di dividendi che dovrebbero restare nelle imprese per renderle più forti e pronte ad affrontare le problematiche che inevitabilmente nasceranno all'inizio del prossimo anno con la fine delle moratorie sui prestiti e sui mutui. La corsa alla distribuzione di dividendi che ha preso il via in Italia e nel mondo è il sintomo dell'incapacità di comprendere come sia necessario che anche il capitale, così come i lavoratori, facciano sacrifici insieme rinunciando a qualcosa per garantire un avvenire economico migliore per tutti.
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