Atti di vandalismo in città
Soprintendenze al lavoro per rimuovere tempestivamente e prevenire i danni
A seguito della manifestazione anarchica di domenica 5 maggio nel centro cittadino sono stati danneggiati con graffiti e scritte diversi palazzi ed edifici religiosi fra Via Garibaldi, Via Cairoli e San Siro.
Un atto grave: "I graffiti di natura vandalica si configurano infatti come la più diffusa forma di degrado antropico del contesto urbano, soprattutto quando coinvolgono manufatti vincolati ai sensi del D. Lgs. 42/2004: è lo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che all’art. 20 sancisce", scrive in una nota inviata a Il Cittadino la Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Genova e la Provincia di La Spezia.
"Poiché l’invecchiamento ed il conseguente indurimento dei componenti dei graffiti provoca un allungamento dei tempi di rimozione e la necessità di interventi più complessi, invasivi ed onerosi, con maggior rischio ai fini della conservazione delle superfici colpite dalle scritte vandaliche, la tempestività dell’azione di rimozione è essenziale per preservare il decoro, evitare atti di emulazione e prevenire danni che, diversamente, potrebbero risultare irreversibili; pertanto, l’attività di sopralluogo che questi uffici svolgono tempestivamente, finalizzata alla verifica dei danni e all’emanazione delle necessarie prescrizioni per la realizzazione del corretto intervento di rimozione, viene spesso effettuata nel corso della stessa giornata in cui gli episodi vengono denunciati.
Cinque sono le figure professionali strutturalmente impegnate nell’azione di contrasto agli atti vandalici: due funzionari architetti, due funzionari restauratori e un chimico, questi ultimi afferenti al Laboratorio di restauro e diagnostica incardinato nella Soprintendenza con sede presso il Palazzo Reale di Genova.
Il tempo che tale personale dedica a questa attività, è tempo sottratto alla disamina di altre pratiche di tutela ed autorizzazione".
"Quanto avvenuto a seguito della manifestazione anarchica di domenica 5 maggio sollecita delle riflessioni che vadano oltre la naturale indignazione che simili gesti suscitano. La bellezza artistica delle nostre città- e in particolare i beni culturali ecclesiastici - proprio perché accessibile a tutti è vulnerabile ed affidata alla custodia amorosa dei cittadini e dei turisti. In questa prospettiva quanto è prudente permettere manifestazioni, che facilmente possono degenerare in vandalismo, in un tessuto delicato come quello del nostro centro storico?", scrive Padre Mauro De Gioia, Coordinatore Ufficio Beni Culturali della Diocesi su Il Cittadino di questa settimana.
"La mentalità woke che si va diffondendo rischia non solo di indebolire il senso del valore di quanto abbiamo ereditato dal passato, ma di rendere meno attenti a cogliere la gravità di questo genere di attacchi, quasi sia ineluttabile e quasi comprensibile che l’opporsi a scelte politiche e sociali passi attraverso l’aggressione a monumenti artistici e storici identificati – a torto o a ragione – come sedi del “potere” che si vuole contestare e non patrimonio comune della nostra collettività. Deve risultare invece chiaro alla coscienza comune che simili gesti sono veri atti di violenza, e non semplicemente contro le “cose” (palazzi- chiese - decoro urbano) ma verso le “persone” che di questi beni artistici e culturali sono autori, usuari e destinatari. Deve risultare chiaro che non si tratta di un’offesa alla “astratta” città di Genova, ma a noi genovesi nella nostra identità individuale e collettiva.
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