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L'UE non tradisca il suo progetto iniziale

La guerra alle porte dell'Europa non esaurisca il sogno di pace e solidarietà

La storia registra una svolta accelerata verso un futuro incerto e per molti aspetti preoccupante.

In questa svolta sono tutti coinvolti, lo vogliano o no: le neo-potenze imperiali Stati Uniti, Cina e Russia che si contendono la proprietà del pianeta, le medie potenze in cerca di aggregazioni per restare nella competizione in corso e, inevitabilmente, l’Unione Europea oggi aggredita tanto da est che da ovest, anche se con strumenti diversi e con diversa intensità.

L’aggressione della Russia all’Ucraina ha rotto una tregua che durava in Europa (con l’eccezione della guerra nella ex-Jugoslavia) da quasi ottant’anni, l’irruzione del secondo mandato di Trump alla Bianca sta stravolgendo alleanze internazionali, mentre prosegue nella decostruzione della democrazia in casa propria, al momento senza significative opposizioni politiche nazionali.

Dentro questa tenaglia è finita l’Europa e rischia di esaurirsi il sogno di un progetto europeo orientato alla pace e alla solidarietà. Non è facile per un’Unione Europea disunita e in letargo politico ed economico affrontare la sfida lanciatale contemporaneamente da questi due aggressori: per proteggersi, anche militarmente, da Putin; per proteggere la propria democrazia dall’attacco allo Stato di diritto, nazionale ed internazionale, in provenienza da un alleato che tradisce i patti.

E qui l’Unione Europea è chiamata ad una risposta senza tradire se stessa, i valori su cui è stata fondata, le regole che si è liberamente data, le dinamiche di solidarietà costruite al suo interno e verso altri Paesi, compresa la fedeltà al dialogo multilaterale e, soprattutto, il perseguimento della pace.

Per dare una risposta progressivamente proporzionata alla sfida complessa che l’Unione Europea ha davanti c’è una sola strada da percorrere, con grande fatica e molta pazienza, sperando di averne il tempo dopo tutto quello che abbiamo perso: accelerare verso una sovranità politica europea, meta ambiziosa ma non impossibile, anche perché un pezzo importante di strada lo abbiamo già percorso.

Per semplificare, l’obiettivo è il trasferimento a livello europeo dei quattro tradizionali “poteri regaliani”, ormai impotenti se solo nazionali: la politica fiscale, la politica estera e di difesa, l’amministrazione della giustizia e la moneta.

Quest’ultimo trasferimento “politico” di potere lo stiamo vivendo con buoni risultati da un quarto di secolo con l’euro, oggi moneta unica di venti Paesi UE; una parte consistente dell’amministrazione della giustizia è in corso di trasferimento verso la Corte europea di giustizia (ne sa qualcosa l’Italia in materia di migranti) e la la Procura penale europea. Restano due altre montagne da scalare e ci vorrà tempo e fatica per arrivare in vetta, a patto di non partire con il passo sbagliato del riarmo dell’Europa, incoraggiando la frammentazione fiscale in corso.

Nel primo caso va prima chiarito in quale visione strategica e con quali alleanze elaborare una politica comune della difesa in assenza di una politica estera comune, come orientare forme diverse di deterrenza verso la pace e con quale controllo democratico per decisioni di questa straordinaria importanza.

Nel secondo caso non ci sarà adeguata solidarietà europea per la promozione della pace senza una progressiva fiscalità comune che prenda il posto della batteria di deroghe alle regole pattuite per le finanze pubbliche nazionali, con il risultato di divaricare ulteriormente le economie dei Paesi UE a favore di chi dispone maggiori risorse. Qui fiscalità europea, debito comune e controllo democratico da parte del Parlamento europeo si allineano su una traiettoria unica verso una sovranità europea che consenta di progettare una nuova Unione Europea, fedele ai suoi valori fondativi e con alleanze in grado di mettere al sicuro la sua democrazia e il suo Stato di diritto minacciato da più parti.

Fonte: Il Cittadino
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