A Liliana Segre la cittadinanza onoraria e il Premio Primo Levi
Il racconto della sua prigionia ad Auschwitz; qui conobbe e strinse un forte legame con una famiglia genovese
Liliana Segre è cittadina onoraria di Genova.
Con la votazione all’unanimità, il Comune di Genova ha conferito l’onorificenza alla senatrice a vita, a Genova per ritirare anche il Premio Primo Levi domenica 24 novembre a Palazzo Ducale.
Moltissimi i genovesi che hanno riempito la sala del Maggior Consiglio o si sono radunati, nonostante il tempo inclemente, in Piazza Matteotti, dove era stato allestito un maxischermo per fare in modo che tutti potessero assistere alla cerimonia.
Ad accogliere Liliana Segre il Sindaco Marco Bucci.
Alla senatrice, sopravvissuta alla deportazione e alla prigionia nel campo di Auschwitz-Birkenau, dove arrivò appena tredicenne, è stato consegnato, da parte di Piero Dello Strogolo, il Premio Primo Levi "in considerazione del suo impegno politico e civile nel nostro Paese, non solo volto a mantenere vivo il ricordo della tragedia del passato, ma anche a combattere i pregiudizi e l’indifferenza per le tragedie del presente, sempre con la volontà di instaurare un dialogo aperto con le altre componenti della società, con ciò ispirandosi ai principi di libertà, democrazia e di rispetto delle persone".
La senatrice, particolarmente commossa, ha raccontato della sua prigionia, da ragazzina sola, nel campo di sterminio di Auschwitz, dove conobbe e potè stringere un saldo e rincuorante legame con la genovese Luciana Sacerdote, deportata anch’essa con la madre e la sorella, e anch’essa sopravvissuta, al contrario delle altre persone della sua famiglia.
M omento particolarmente commovente è stato quello dell’incontro fra la Segre e Alessio, nipote di Luciana Sacerdote.
La senatrice a vita ha dunque ricevuto, dalle mani del Sindaco, la cittadinanza onoraria per "esprimere il giusto riconoscimento del valore morale ed educativo del ruolo che Liliana Segre, autorevole testimone di una pagina oscura della storia del secolo scorso, sta svolgendo attraverso una intensa attività di conservazione della memoria e di opportunità di conoscenza e crescita per le giovani generazioni".
La senatrice, nel corso della cerimonia, ha letto una “lettera ideale” indirizzata all’amico Primo Levi, suo maestro per aver saputo esprimere, nei suoi libri, l’indicibile vergogna dei campi di sterminio e della deportazione degli ebrei.
La riportiamo integralmente.
Carissimo Amico,
Io sono una di quelle senza capelli e senza nome, senza più forza per ricordare.
Io sono una di quelle che attraverso i tuoi libri ha scoperto anche se stessa.
Tu hai trovato le parole che cercavo: indicibile, vergogna, stupore. Tu senza odio hai fatto la cronaca antiretorica di Auschwitz, hai descritto quello che anch'io avevo visto, schiacciata io dalla nostalgia, dalla fame, dalla solitudine. Più tardi, adulta, diventata lettrice silenziosa libro dopo libro... Baracche, kapò, torturatori, assassini, colori, odori, lingue sconosciute, fuoco e fiamme nel vento di Auschwitz. Siamo sommersi o siamo salvati. Nel numero tatuato c'è la nostra profonda identità. Siamo vittime, persone nuove, vive per caso e per questo gelose e incapaci - anche tu, Primo - di dire l'indicibile.
Al tempo dell'uscita del tuo ultimo libro ti scrissi, dicendoti che io mi credevo salvata, salva forse, se non per sempre almeno in parte.
Tu mi rispondesti che non c'era speranza per noi che avevamo visto il male, eravamo stati inghiottiti da quel male estremo. Ma allora chi saranno i salvati? Tu avevi capito che resta soltanto la memoria - sempre più difficile farsi capire dalle nuove generazioni - ma compito irrinunciabile finché avrà vita l'ultimo testimone. Ti ringrazio Amico, caro maestro. Anche io con te non perdono e non dimentico, ma non odio.
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