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Prendersi una pausa... al Museo Diocesano!

Nuove sedute pieghevoli a disposizione dei visitatori nel percorso espositivo

Prendersi una pausa... al Museo Diocesano!

Da alcuni anni si sente parlare sempre più spesso di “Museum fatigue”, definizione che racchiude diversi malesseri, e che possiamo individuare nella stanchezza fisica e mentale che prende i visitatori dopo aver trascorso diverso tempo all’interno delle sale di un museo. Come si manifesta?

Innanzitutto con la stanchezza fisica, il subentro di una minore capacità di concentrazione, la facilità a distrarsi passando da un’opera all’altra, e il desiderio di guadagnare velocemente l’uscita.
Ci sono alcune situazioni che concorrono a questo stato psico-fisico: le sale troppo affollate di oggetti, la poca chiarezza nei testi che presentano le opere esposte, un progetto museografico senza le soste adeguate. A fronte di condizioni simili a queste – ma ne esistono anche altre – il visitatore percepisce un disagio crescente che va ad annullare un auspicato benessere.

Il fenomeno dell’affaticamento da museo giunge più facilmente durante la visita alle grandi istituzioni museali, nazionali o straniere: magari motivati dal poco tempo a disposizione o dalla remota possibilità di tornarvi a breve, si desidera vedere quanto più possibile di un patrimonio straordinario per numeri e per qualità, senza tener conto delle nostre capacità di assimilazione.
Osservando la situazione dal punto di vista del Museo, non è facile intervenire per rendere gli spazi museali più accoglienti: spesso ci si scontra con un ordinamento definito, oppure con una spazialità storica che a fatica può essere modificata, con la mancanza di risorse economiche adeguate.
Problemi che riguardano anche musei più piccoli.

La mia esperienza nel condurre visite guidate all’interno delle sale espositive mi suggerisce che dopo un certo periodo le persone che accompagno sentono la fatica di stare in piedi, di camminare con un passo più lento del consueto, e insieme prestare attenzione al racconto su un dipinto o su una scultura che non si conosce.
La fatica fisica mina in modo evidente la nostra capacità di attenzione.

Così, grazie al supporto del Rotary Club Centro Storico di Genova che ha sostenuto questo nostro progetto, e per rendere il museo sempre più accogliente, abbiamo deciso di dotarci di semplici sedute pieghevoli per i visitatori, leggere da trasportare e adatte ad essere utilizzate anche come sostegno per il movimento: si trovano in biglietteria, sono gratuite e comprese nei servizi del Museo; le usa per il tempo che desidera e le ripone prima di uscire.

Quando ne sente il bisogno può così sostare davanti ad un tessuto per osservarlo nei minimi particolari, oppure utilizzarle nel corso di una visita.

Del resto, la lentezza è una condizione necessaria e imprescindibile per imparare, arricchendo la mente e lo spirito. Infatti, mentre negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di Slow Food – il gusto di ricercare sapori genuini fuori dal consumismo alimentare - esiste in parallelo la Slow Art, un format che contrasta le visite ‘mordi e fuggi’ e si concentra su poche opere così da riuscire a interiorizzarle secondo i tempi della nostra percezione.

Infatti, non basta ‘esserci stato’ in un museo se ciò che hai visto non ti ha toccato l’anima, non ha provocato un’emozione, non ti ha smosso dei ricordi.
Senza questo, non ha senso neppure entrare in un museo o in qualsiasi luogo del nostro mondo.

*Conservatore Museo Diocesano

Fonte: Il Cittadino
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