I Vangeli nell'arte - L'incredulità di San Tommaso
Continua il viaggio fra le opere d'arte che rappresentano i brani evangelici
L’episodio dell’Incredulità di San Tommaso è tratto dal Vangelo di S. Giovanni. Dopo l'apparizione di Gesù agli apostoli e dopo che essi ne ebbero gioito, Tommaso, detto anche Didimo, che non era con gli altri al momento dell'apparizione, fu restio a credere che il Cristo morto fosse apparso in mezzo a loro, così affermò che avrebbe creduto solo se avesse messo un dito nella piega del costato di Gesù.
Non è difficile identificarsi con Tommaso, con il suo umanissimo bisogno di prove concrete per credere ai fatti prodigiosi che gli vengono narrati. Nel penultimo capitolo del suo Vangelo, Giovanni torna ancora una volta sul tema della “vita” e della “luce” portate da Gesù nel mondo. Il gesto e le parole di Tommaso sono il simbolo di un punto di rottura fra la prova sensibile e l’esperienza della fede che prende spunto da una vicenda banale. Nel momento della prima apparizione a Gesù risorto agli Apostoli riuniti, proprio Tommaso, che già aveva espresso dubbi e paure, era assente. Per credere alla testimonianza degli altri pretende di vedere e toccare le ferite. Una settimana dopo, Gesù si manifesta di nuovo e invita Tommaso a toccare le piaghe delle mani e del costato, e a “non essere più incredulo, ma credente”. Tommaso esclama: “Mio Signore, mio Dio!” (Gv. 20,19-31 ). A differenza di quanto mostrano gli artisti, il Vangelo non dice che Tommaso abbia infilato il dito nelle piaghe.
Di questo racconto ne è eccellente interprete Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, con la tela dipinta intorno al 1600-1601 con “L’incredulità di San Tommaso” (conservato alla Bildergalerie di Potsdam) inserisce la rappresentazione di questo episodio nella dimensione orizzontale della tela, quasi un’obiettivo “fotografico”, il momento della constatazione in un'inquadratura di tre quarti dove sono disposte le quattro figure su di uno sfondo neutro e scuro.
La scena narra l’episodio con profondissimo pathos e drammaticità. Lo sfondo scuro tipico di Caravaggio e la luce proveniente da sinistra (quella cioè che rivela la verità divina) mettono a risalto i protagonisti dell’opera. Oltre a Gesù e Tommaso, in secondo piano altri due discepoli assistono all’opera. San Tommaso ficca il dito nel costato di Gesù che quasi “spinge” la mano per fargli sentire ancora di più le sue ferite. Questo gesto sottolinea la volontà di far trionfare la verità. Lo sguardo di Tommaso è più quello di uno scienziato intento a studiare che quello di un discepolo. La sua resa espressiva è potentissima, è quella di uomo incredulo e al tempo stesso stupito e timoroso. Quella degli altri due uomini sembra invece urlare curiosità e interesse nel “verificare” la parola di Gesù.
Le posizione dei personaggi non è – ovviamente – scelta a caso. Gesù e Tommaso sono disposti in un primo piano ipotetico lungo una diagonale che parte da sinistra in basso e va verso destra in alto. Le quattro teste dei protagonisti formano una croce. Gli sguardi dei tre uomini invece un triangolo. Questa scelta permette di concentrare l'attenzione dello spettatore sulla testa di Tommaso, mentre la luce illumina la fronte e il profilo ed il costato chiaro di Cristo. Inoltre l'inquadratura permette di fissare l'attenzione sull'atteggiamento timoroso e dubbioso di Tommaso, confortato da Cristo a cui oppone la testa, in basso, rispetto alla Sua, in alto. La disposizione a croce ravvicinata delle quattro teste e a triangolo degli sguardi, col vertice sul gesto di Tommaso, permette un'ulteriore concentrazione emotiva dello sguardo del fruitore, che non può non focalizzarsi sul punto del “dramma”: la rivelazione della presenza reale, in carne ed ossa di Gesù. Il pittore raffigura l'apostolo Tommaso mentre infila un dito nella ferita del costato di Gesù, secondo una determinata tradizione iconografica, con altri due apostoli che osservano la scena.
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